Del caso di Tony Drago ci occupiamo da parecchio tempo (leggi  qui). Per i pochi che non conoscessero o non avessero seguito la vicenda, ricordiamo che Drago era un giovane caporale siracusano dell’esercito che prestava servizio nel prestigioso reparto dei Lancieri di Montebello, presso la caserma Sabatini di Roma. Un giovane di appena 25 anni, laureato e con il sogno di entrare in Polizia. Tony, tra il 5 e 6 luglio 2014, in quella caserma ci è morto. Ucciso da ignoti, secondo quanto emerso da una pronuncia del Gip di Roma (clicca qui), a marzo scorso, dopo l’esame delle perizie medico-scientifiche. Una verità emersa con chiarezza dopo tre anni, caratterizzati da omissioni, lacune, ritardi inammissibili.

Una vicenda lunga che ha visto la famiglia del caporale in prima linea per cercare di scacciare via la tesi, sostenuta proprio dall’esercito e dal pm romano Alberto Galanti, del suicidio. Una conclusione portata avanti da troppo tempo nonostante cozzasse con molti elementi rilevati dai legali della famiglia e dai periti. Dopo che però il Gip aveva stabilito che Tony non poteva essersi suicidato e dopo i successivi mesi di inaccettabile inerzia da parte della Procura (al punto che il legale della famiglia aveva chiesto l’avocazione delle indagini), si attendeva che gli otto indagati, ossia militari in servizio con ruoli di responsabilità e garanzia la notte della morte di Drago, venissero rinviati a giudizio e che si andasse a processo per appurare la verità e per scoprire i responsabili.

Tutto ciò non è avvenuto. Il pm Galanti, con una motivazione piuttosto discutibile, ha clamorosamente richiesto al Gip di Roma l’archiviazione, contestando le conclusioni dei periti e sostenendo, come ragione fondata della sua richiesta, che i dubbi siano maggiori delle certezze. Torneremo prossimamente nel merito di questa decisione, anche perché il legale della famiglia, avvocato Dario Riccioli, ha già presentato opposizione contro la richiesta di archiviazione.

Per adesso, crediamo che sia meglio lasciar parlare la mamma di Tony, Rosaria Intranuovo, che ha affidato a noi, a tutti i mass media e all’opinione pubblica, una lettera aperta. Che vi invitiamo a leggere e che contiene una richiesta sensata, sacrosanta, legittima di giustizia, in un momento in cui quello che assume evidenza è un tentativo più o meno consapevole, da parte della procura di Roma, di chiudere il caso per forza e comunque, a prescindere dal fatto che vi siano elementi certi e rilevanti che dimostrano come Tony sia stato ucciso. Barbaramente.

Qui di seguito il testo della lettera/appello, nella speranza che chi sa parli. E che chi non sa si attivi per ridare giustizia e pace a questa famiglia che ha perso un ragazzo che sognava quella giustizia e che avrebbe dovuto essere protetto dallo Stato a cui si era affidato.

«Mi rivolgo a tutti gli Italiani. Mi rivolgo a tutte le Mamme Italiane. Mi rivolgo ai genitori di Emanuele Scieri, Giulio Regeni, Stefano Cucchi e di coloro i cui figli sono stati uccisi dallo Stato.

Perché uno Stato che garantisce l’impunità per i responsabili di quelle morti è esso stesso responsabile. Mio figlio Tony Drago è stato ucciso la mattina del 6 luglio 2014 all’interno della Caserma Sabatini di Roma. È stato ucciso mentre svolgeva le funzioni di servitore di quello Stato cui aveva giurato fedeltà e obbedienza. Lo stesso Stato che, anziché tutelare l’incolumità dei “Suoi figli”, permette che essi vengano uccisi proprio nei luoghi in cui dovrebbero sentirsi più al sicuro.

Fin dall’inizio delle indagini “qualcuno” ha tentato di nascondere la verità, accusando Tony di essersi suicidato, lanciandosi da una finestra posta al secondo piano della palazzina-alloggi dello Squadrone d’onore dei Lancieri di Montebello. Ho sempre saputo che quella non era la verità: il mio Tony amava troppo la vita per sciuparla così.
Nel processo scaturito dalla mia denunzia contro coloro che, pur non essendo autori della morte di Tony, avevano l’obbligo di tutelarne la vita e l’incolumità, due periti nominati per appurare i fatti hanno accertato che, la mattina del 6 luglio 2014 mio figlio, dopo avere subito un’aggressione alle spalle con conseguenti gravissime lacerazioni dei tessuti, è stato costretto a subire delle vessazioni.

È stato costretto a compiere delle flessioni sulle dita, durante le quali ha subito un colpo alla schiena che ha frantumato vertebre e costole e determinato uno stato di asfissia. Infine, è stato colpito mortalmente alla testa. Nonostante tutto quanto subito dal mio Tony, nonostante sia stato accertato che mio figlio sia stato barbaramente ucciso, l’Ufficio della Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del procedimento perché “i dubbi sono purtroppo maggiori rispetto alle certezze: sulla dinamica dei fatti, sulla sussistenza di episodi di nonnismo, su eventuali reticenze dei commilitoni di Drago”.

L’Ufficio della Procura di Roma ha ritenuto che quelle profonde lacerazioni alla schiena di mio figlio potrebbero essere state causate da una forma di psoriasi, “una malattia della pelle che determina forti pruriti”. La visione delle foto riproducenti quelle lesioni, anche a chi non è medico, rende evidente come l’ipotesi formulata dall’Ufficio della Procura sia superficiale e fantasiosa. L’intera richiesta di archiviazione è irridente del diritto alla vita di mio figlio. È irridente del diritto di ogni cittadino italiano, di ogni genitore, di ogni madre a conoscere la verità.

Non esiste “ragione di Stato” che possa impedire l’accertamento della verità sulla morte di mio figlio Tony né il processo di coloro che, anche colposamente, sono responsabili della sua morte. Quella mattina del 6 luglio 2014, sul piazzale della caserma Sabatini di Roma, non è stato ucciso solo mio figlio Tony Drago.

Tony non è morto solo. Con lui sono stati uccisi i suoi sogni, il suo futuro. È stata infranta la ragione di vita dei suoi genitori e segnati a vita tutti i suoi affetti. Da quel giorno non viviamo più: sopravviviamo. Con lui è stata uccisa la speranza di vivere in un mondo migliore, più sicuro quantomeno tra le “mura domestiche”.

La mancata celebrazione del processo contro coloro che non hanno colposamente impedito la morte di Tony sancirebbe la vittoria della menzogna sulla verità. Non posso permettere che ciò accada. Utilizzerò ogni strumento legale affinché venga affermata la supremazia del Diritto. Impiegherò tutte le forze che mi rimangono in corpo affinché sia fatta Giustizia.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org