Dopo due anni di restrizioni e incertezze, il turismo può tornare a crescere. La voglia di viaggiare, senza gli ostacoli legati alla pandemia, spingerà molte persone a spostarsi nuovamente verso le località turistiche più rinomate. In Sicilia anche per ragioni climatiche, è già iniziato l’afflusso di turisti desiderosi di conoscere e apprezzare la bellezza, il patrimonio storico, artistico, naturale ed enogastronomico dell’isola. In queste settimane, in provincia di Siracusa, alcuni episodi di violenza, avvenuti nell’incantevole isolotto di Ortigia (centro storico del capoluogo) e nella suggestiva Marzamemi (borgo marinaro vicino Pachino) hanno acceso il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di attrazione turistica. Le risse in mezzo alla gente, i pestaggi, le auto distrutte hanno indignato chi è preoccupato per l’immagine offerta ai visitatori. Eppure questi episodi sono stati solo l’esplosione visibile di un degrado che prosegue lentamente da anni e che in troppi hanno fatto finta di non vedere.
A Siracusa, dal guazzabuglio di regole infrante e carenza di controlli è finalmente emerso il marcio, fatto di lavoro nero, criminalità, mancato rispetto delle norme in materia di igiene, abusivismo e tutto quello che il turismo non ha creato, ma ha semplicemente acuito. Così come a Marzamemi, dove la violenza si ripete da tempo, dentro strade ormai totalmente votate al divertimento, in un contesto che, nella stagione estiva, certifica l’impossibilità di questo piccolo borgo di contenere e ricevere un flusso di persone così massiccio. Il fatto è che oggi si discute di legalità, educazione e senso civico, qualcuno se la prende con i turisti, ma il vero problema siamo noi. È la nostra incapacità di amare il nostro territorio e il suo immenso patrimonio, di difenderne la bellezza e non svenderla in nome di un profitto selvaggio e a breve termine. È una storia vecchia, che anche altre realtà fuori dalla Sicilia hanno vissuto. È la storia di luoghi incantevoli sacrificati a una logica spietata e utilitaristica, che li ha svuotati di identità, deturpandoli e trasformandone irrimediabilmente la fisionomia proprio nei tratti che li avevano resi celebri.
Ci sono luoghi che sono gradualmente diventati inavvicinabili, caotici, zone un tempo bellissime e ora devastate e compromesse, prima le coste poi i centri storici. Ortigia e Marzamemi sono ancora in tempo, ma per tutelare queste oasi di bellezza è necessario prima di tutto salvarle da chi le dovrebbe amare e proteggere. Sono due luoghi simbolo di questa pericolosa involuzione. Ortigia, dopo gli interventi di riqualificazione, alcuni riusciti, altri meno, aveva recuperato in parte il suo splendore, ignara di ciò che la attendeva. Era difficile venti anni fa immaginare quanto poi sarebbe accaduto. Parliamo di un luogo che custodisce la storia dell’antica Siracusa, la sua magnificenza in epoca greca, le sue architetture, il suo barocco, insomma tutto ciò che è stato e vale a Ortigia il titolo di Patrimonio dell’Umanità. Un luogo oggi trasformato in un groviglio incontrollato di locali, solarium con musica posticcia e barbecue all’aperto, friggitorie, ristoranti improvvisati, dehor senza regola accanto ai quali sfrecciano fat bike a noleggio, ciclomotori e calessini a motore (spesso senza licenza).
E non solo: strutture ricettive abusive e affitti in nero, senza regole precise per il conferimento dei rifiuti, bar ultramoderni che occultano il prospetto e la bellezza di antichi monumenti, locali che violano costantemente le regole sui decibel e sulla cura e pulizia dei loro spazi all’aperto. Insomma, di Ortigia si è smarrita l’identità e la colpa non è del turista, ma di chi ha puntato sempre e solo sull’isolotto, abbandonando a se stessa il resto della città, facendo in modo che su Ortigia si riversasse tutta la popolazione, sia quella locale sia i turisti. E spremendone ogni potenzialità economica per arricchirsi, in qualsiasi modo, anche senza avere titolo e competenza o permessi per operare. In tutto questo, va detto che ciò ha creato anche una serie di disagi per i residenti e per i cittadini in genere, in termini di servizi, compromessi a causa del congestionamento.
Non si tratta di essere conservatori o, come dice qualcuno, radical chic. Si può fare tutto, dalla musica dal vivo alle festose reunion di persone, ma bisogna farlo con criterio. Perché in quelle località in cui non lo si è fatto, le conseguenze sono state irreversibili o comunque curabili in moltissimi anni. Il problema siamo noi, perché la barbarie dei comportamenti fa il paio con l’inefficacia o inesistenza dei controlli, con la disuguaglianza delle sanzioni, con i due pesi e le due misure verso chi non rispetta e chi invece rispetta le regole. Soprattutto fa il paio con l’ipocrisia di coloro i quali sono stati complici o hanno taciuto per anni e oggi sbraitano per ottenere due righe sui media. Ortigia da anni è ostaggio di un modello di sviluppo turistico irresponsabile, esattamente come quello di Marzamemi, dove locali di ogni tipo e spesso di dubbio gusto, completamente incoerenti rispetto alla vocazione del luogo, hanno trasformato un antico borgo di pescatori, suggestivo e magico, in una discoteca a cielo aperto e in un miscuglio di caos e sporcizia.
In poche parole, a Ortigia come a Marzamemi, la bellezza che ha reso celebri questi posti è costantemente nascosta da ciò che dovrebbe esserne al massimo un contorno tenue e marginale. Al punto che, in certi momenti, ci si dimentica di dove ci si trova e del valore di ciò che si sta calpestando o sul quale si abbandonano rifiuti o si “organizzano” risse. Se questa è stata un tempo la patria della civiltà, della quale andiamo fieri, oggi c’è molto poco, e quella fierezza, così tanto ostentata quando qualcuno ci accusa o rimprovera certe nostre mancanze, appare solo come una vacua e infantile rimostranza. Oggi tutti parlano di legalità e fanno bene, però poi dimenticano di chiedersi come siamo arrivati a tutto questo e qual è il modello di sviluppo che è stato spinto e pompato all’inverosimile in questi anni, snobbando e deridendo chi cercava di avvisare, di mettere in guardia.
Dimenticano, questi attenti osservatori, di ragionare anche sul fatto che, andando avanti ancora in questo modo, cambierà la percezione di questi posti, si modificherà la loro immagine, finirà la loro forza seduttiva e, così, delle vacche grasse per le quali si è scelto di passare sopra ogni cosa resteranno solo le ossa consumate dagli ultimi avidi morsi. Insieme alle lacrime affamate di chi, in questa terra, si ravvede troppo tardi e, quando lo fa, trova ogni volta un colpevole diverso da se stesso.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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