Pochi giorni fa, la Guardia di Finanza di Milano ha eseguito 8 arresti nei confronti di alcuni affiliati ad un clan della ‘ndrangheta, portando così a termine un’inchiesta realizzata dalla Dda nel corso degli ultimi mesi. Oltre agli arrestati, vi sono poi altre 27 persone tuttora indagate con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale aggravata dal metodo mafioso e dalla disponibilità di armi, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni e bancarotta. Secondo gli inquirenti, il clan, capeggiato dal boss Lino Greco e da sempre vicino alla ben più famosa famiglia dei Grande Aracri di Cutro (KR), avrebbe tentato di accaparrarsi i contributi a fondo perduto per l’emergenza Covid destinati alle aziende in difficoltà. A dire il vero, secondo quanto scoperto dalla Dda, lo stesso clan avrebbe già incassato una somma pari a 60mila euro, compiendo così una vera e propria frode fiscale di notevoli dimensioni.
Il modus operandi è sempre quello, ormai tipico degli ambienti mafiosi: la ‘ndrina avrebbe dapprima creato delle società da intestare a prestanome, quindi, successivamente, le stesse sarebbero state concesse in gestione ad uno degli elementi maggiormente di spicco, Francesco Maida. Infine, con l’emissione di fatture false, lo stesso Maida si sarebbe presentato in tre banche diverse nel tentativo di ottenere tali fondi. Fondi che, una volta ottenuti, sarebbero poi stati trasferiti su un conto cinese al fine di evadere eventuali tasse e controlli.
Tra gli arrestati, infatti, vi è anche un cittadino cinese, Zhang Yu, residente a Prato e affiliato al clan. L’uomo avrebbe avuto il compito di gestire il conto di cui sopra e rifornire il clan mafioso di cash, denaro liquido, ogni qualvolta fosse stato necessario.
Grazie all’intervento tempestivo della Dda e del corpo specializzato GICO della GDF, gli inquirenti sarebbero riusciti a bloccare un’ulteriore fetta di contributi a fondo perduto già in partenza verso i conti correnti delle aziende in mano al clan, una fetta il cui importo avrebbe raggiunto la cifra di 150 mila euro. Insomma, ancora una volta, la magistratura e le forze di polizia hanno svelato la presenza sul territorio della mafia, la sua potenza e la capacità d’infiltrazione. In questo caso, per fortuna, gli inquirenti sono riusciti a proteggere capitali importanti destinati ad esponenti della malavita.
In un momento così difficile come questo, in cui tanti imprenditori e commercianti annaspano, si affannano e rischiano di dover chiudere i battenti, pensare che vi possa essere gente che se ne approfitti e faccia di tutto per “rubare” forme di sostentamento adottate dallo Stato non può che far provare rabbia e grande, grandissima preoccupazione. Malgrado, infatti, l’immenso lavoro svolto da tutti gli inquirenti e le forze dell’ordine, risulta ancora evidente come la criminalità non perda occasione di accaparrarsi tutto: denaro, mercato, potere ecc.
La strada, in poche parole, è ancora piuttosto lunga e finché l’emergenza è destinata a durare, è molto probabile che notizie del genere riempiranno le pagine dei nostri giornali decisamente spesso. Per questo, come denunciato da più parti, bisogna alzare il livello di guardia, tornare a occuparsi di mafie in modo prioritario, per fermare qualsiasi forma di illegalità e di frode, di evasione fiscale, di malaffare. Perché è in gioco il futuro del Paese e la sua crescita, che le mafie continuano a frenare.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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