Il giornalista televisivo Sandro Ruotolo, da anni stretto collaboratore di Michele Santoro e autore di innumerevoli inchieste sulla camorra e sulla criminalità organizzata, è stato destinatario di un provvedimento d’urgenza con cui è stata disposta l’assegnazione di una scorta a seguito di alcune minacce ricevute dal boss casalese Michele Zagaria. Secondo gli inquirenti, infatti, durante un’intercettazione avvenuta nel carcere in cui il boss si trova attualmente (bisogna ricordare che è sottoposto al 41 bis), Zagaria se la sarebbe presa con i magistrati che indagano sul caso della “terra dei fuochi”, ma soprattutto col giornalista campano, reo di aver ficcato il naso in particolari che screditerebbero la figura del noto boss mafioso. Il provvedimento, nato dai magistrati del tribunale di Napoli, è stato poi confermato dal procuratore di Roma, Franco Gabrielli, e ulteriori notizie arriveranno quando il “Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza” si riunirà al fine di indagare sul caso.

Nello specifico, nel corso di una delle tante intercettazioni, il boss dei casalesi avrebbe espresso il desiderio di “squartare vivo” lo stesso Ruotolo in quanto, come già detto, avrebbe posto troppa attenzione sugli affari loschi dello stesso clan. Il giornalista, in un’intervista rilasciata qualche giorno fa, ha affermato che il nervosismo che ha portato Zagaria a proferire certe parole ingiustificabili sarebbe dovuto ad alcune puntate andate in onda in Tv nelle quali si è denunciato il rapporto tra il boss e i servizi segreti per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti nella ben nota terra dei fuochi. Un rapporto, questo, che pone in cattiva luce lo stesso boss per due motivi: da un lato, il fatto che tale collaborazione con gli “sbirri”rischia di mettere in dubbio “l’autorità e l’autorevolezza criminale di Zagaria”; dall’altro, il fatto evidente e ormai palese di un’operazione che ha sì portato grossi introiti nelle casse del clan, ma che al contempo ha ucciso ed avvelenato migliaia di cittadini campani.

Insomma, uno smacco troppo grande per un boss di spessore. Tutto ciò spiegherebbe, dunque, il nervosismo, la rabbia dello stesso, il quale avrebbe avvertito la sensazione che qualcuno si stesse avvicinando troppo a cose per molto tempo nascoste e segrete. Ed ecco, quindi, la reazione tipicamente mafiosa: la minaccia. Perché in Italia, si sa, di giornalisti veri e propri ce ne sono pochi e, come ha affermato Ruotolo, tutto ciò favorisce la criminalità organizzata. Se ogni cronista avesse il coraggio di denunciare, ogni singola minaccia avrebbe un potere ed un pericolo incredibilmente più basso, poiché si andrebbe a scontrare con un esercito di biro pronte a scatenarsi e colpire e creare coscienza. La realtà, purtroppo, è diversa e mostra uno sparuto gruppo di uomini coraggiosi e appassionati costretti a fronteggiare (questa volta sì) l’armata mafiosa, ben più forte e organizzata.

Nonostante ciò, l’affetto per Sandro Ruotolo, in questi giorni, si è moltiplicato e migliaia di attestati di solidarietà e vicinanza sono stati espressi sui social (la sua pagina Facebook è letteralmente invasa) da parte di migliaia di persone. Per fortuna non è mancato l’appoggio di alcuni giornalisti, tra cui la redazione del Tg2, la deputata del PD, Rosaria Capacchione (giornalista e anch’essa oggetto di minacce mafiose) e alcuni esponenti politici (tra cui il presidente del Senato,Piero Grasso).

Insomma, che la lotta alla mafia non fosse un gioco da ragazzi ne eravamo e ne siamo tutti a conoscenza, compreso lo stesso Ruotolo. Eppure, nonostante tutto, la sua forza, il suo coraggio e la compagnia dei suoi fedelissimi cani c’è da stringere i denti per fare in modo che questo momentaccio passi in fretta e che questa ennesima, dura lotta venga vinta da chi crede nella speranza di poter raccontare un Paese libero dalle mafie.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org