Si sa, quando si parla di riscaldamento globale, le notizie non sono mai rasserenanti. Un pool di ricercatori dell’Università di Oxford, in collaborazione con altri colleghi provenienti dall’Università di Austin, Texas, hanno concluso e pubblicato pochi giorni fa, sulla prestigiosa PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences, uno studio che esamina le variazioni di calore assorbito, immagazzinato e trasportato dagli oceani dal 1871.
Un macchinoso incrocio di dati che mette in rapporto la temperatura superficiale dei mari (misurazioni che prima degli anni ‘90 registravano la temperatura dei mari solo fino a 700 metri di profondità) e la circolazione termoalina, il movimento globale delle masse d’acqua trasportate dagli oceani. Secondo alcune conclusioni tratte da “The Guardian”, il valore medio del riscaldamento registrato in questo lungo arco temporale preso in esame dallo studio equivarrebbe al calore rilasciato da una bomba atomica della dimensione di quella di Hiroshima al secondo.
Paragoni azzardati? Laure Zanna, dell’Università di Oxford, responsabile della ricerca, non si sbilancia, ma afferma con certezza che i surplus di energia che stiamo producendo si riversano nel sistema climatico e la maggior parte di questa, di conseguenza, viene assorbita dagli oceani.
E le buone notizie sul cambiamento climatico non finiscono qui. Il CNR di Bologna ha fatto sapere in questi giorni che il 2018 è stato per l’Italia l’anno più caldo in assoluto dal 1800. Anno nuovo, record nuovo. E tornando ai mari (nostrani, questa volta), il WWF ci ricorda che il Mediterraneo, oltre a subire il processo di tropicalizzazione, grazie sempre all’aumento della temperatura media dell’acqua, è anche uno dei mari più colpiti dall’invasione della plastica.
Lo studio pubblicato su PNAS è un ottimo punto di partenza per poter delineare previsioni più accurate per quanto riguarda il comportamento climatico e l’innalzamento del livello dei mari. Ma l’umanità fa molta fatica a trovare una strada comune da percorrere. E questo è stato dimostrato in occasione dell’ultima Conferenza ONU sul clima organizzato a Katowice, in Polonia, prima delle festività natalizie. Il clima non è stato sereno, si può dire.
Il risultato raggiunto in seguito a faticosissimi negoziati si è tradotto in un debole regolamento che dovrebbe rendere operativo l’accordo di Parigi del 2015. Ma si ha spesso l’impressione che tutti questi tentativi, mirabili negli intenti ma, di fatto, di scarsa tangibilità, siano letteralmente solo gocce nell’oceano, il solito compromesso al ribasso in cui i forti prevalgono sempre sui deboli. Non ci resta che aspettare il prossimo appuntamento, a Santiago de Chile a novembre, che ospiterà il Cop 25, per osservarne l’evoluzione.
Alina Nastasa -ilmegafono.org
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