Sono poco più di 6 milioni – su una popolazione che conta 60 milioni e 484 mila cittadini – gli stranieri attualmente presenti sul territorio italiano, secondo gli ultimi dati pubblicati nel XXIV° Rapporto ISMU sulle migrazioni 2018, presentato a Milano il 4 dicembre scorso. Un abitante su dieci, in pratica, con un incremento del 2,5% in più rispetto allo stesso periodo preso in esame un anno fa. Una crescita dovuta, secondo i dati raccolti, ad un aumento del numero di persone prive di un permesso di soggiorno valido: al 1° di gennaio 2018 si registrano infatti 533 mila irregolari, l’8,7% del totale complessivo della presenza straniera sul territorio, a fronte dell’8,2% dello scorso anno.
Oltre il 71% degli stranieri residenti provengono da Paesi extra europei, mentre per quanto riguarda gli arrivi via mare si registra una forte crescita del numero di persone provenienti da Niger e Bangladesh, e la principale spinta in questi casi è la motivazione economica. Un altro dato interessante è quello che riguarda il mondo del lavoro: per la prima volta dopo diversi anni, il tasso di occupazione della popolazione italiana ha registrato un aumento rispetto al tasso di occupazione degli stranieri. Il rapporto conferma inoltre il “consolidamento dell’etnostratificazione del mercato del lavoro italiano”. Dunque in quali settori sono maggiormente concentrati gli stranieri?
Il 76,3% degli occupati sono operai, mentre per quanto riguarda gli immigrati extra europei, quasi uno su due risulta avere un lavoro a bassa qualificazione. La palese dimostrazione del perché il salario medio degli stranieri risulta essere inferiore a quello degli italiani del 35%. Complessivamente il dato attuale è che in Italia, su un numero totale di occupati di appena oltre 23 milioni, circa l’11% è rappresentato da stranieri (2 milioni e 423 mila). L’ISMU segnala inoltre come la strumentalizzazione della narrazione del fenomeno migratorio, soprattutto da parte dei media italiani, e lo spazio sempre più ampio dedicato nel corso dell’anno a questo tema (e le discutibili modalità di approccio al tema stesso, aggiungeremmo) si siano registrati proprio in un periodo in cui gli sbarchi sono drasticamente diminuiti (34% in meno rispetto al 2016).
Un capitolo intero del rapporto è dedicato infatti alla percezione che gli italiani hanno nei confronti degli immigrati e gli esiti di questa analisi non sono incoraggianti. Si evince un forte senso di disorientamento che crea ostilità nei confronti dello straniero e che a sua volta si traduce in una percezione distorta ed errata sul numero effettivo delle presenze straniere sul territorio, così come sul numero di sbarchi. D’altronde però è risaputo che l’Italia è il primo paese al mondo che soffre di una triste patologia che potremmo chiamare la sindrome della distorsione percettiva.
Solo pochi mesi fa lo studio condotto dall’Istituto Cattaneo, “Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione”, ha infatti rivelato come, all’interno dell’Unione Europea, l’Italia sia il paese in cui c’è maggior divario tra il numero di immigrati percepiti e quello effettivo. Le conseguenze di questa errata percezione del fenomeno migratorio sono però reali e tangibili. E la politica ne sta facendo un pericoloso cavallo di battaglia.
Alina Nastasa -ilmegafono.org
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