L’incremento dell’afflusso turistico e la risonanza mediatica acquisita negli ultimi anni dalla città di Siracusa hanno fatto in modo che il suo patrimonio storico, artistico e culturale divenisse oggetto di interesse pubblico e di contestazione politica. Una nuova freccia alla faretra della sterile polemica che arriva sempre tardi e che si limita spesso a fare rumore per distrarre il cittadino da problematiche molto più importanti. Oggi la polemica riguarda villa Abela, appena distrutta, della quale si è parlato per un mese sui giornali. Una vicenda come tante altre alle quali siamo stati purtroppo abituati in Sicilia, dove il bello viene sostituito dal brutto, il vecchio dal nuovo, la tradizione dalla modernità.
Cosa succederà adesso? L’abbattimento di questa villa cambierà la skyline di Siracusa. Quattro edifici di quattro piani sorgeranno nelle immediate vicinanze del monumento ai caduti, tra le latomie dei Cappuccini e il mare, in un quartiere già assediato da edifici di stazza monumentale. Quanto è stato affermato dal parlamentare regionale di 5 Stelle, Stefano Zito, architetto e conoscitore dei beni culturali della sua città, è lecito, ma non è servito a cambiare le cose.
Riporto le parole di Zito, pubblicate sulla stampa locale: “Questa villa, anche se il vero nome dovrebbe essere Villa Gafà, è stata edificata tra il 1925 ed il 1926, ma forse vogliono fare credere che sia più recente. Purtroppo questa villa sarà abbattuta per fare posto a un palazzo, e tutto con l’ok di Soprintendenza e Comune di Siracusa. Ovviamente chi ha dato le autorizzazioni non ha fatto una comparazione con le altre ville coeve sottoposte a un minimo di tutela (così come previsto dall’articolo 99 e 100 delle norme tecniche di attuazione del Prg)”.
“Purtroppo – continua Zito – non è servita la mia interrogazione di decine di pagine che raccontava tutta la storia della villa, come non è servito lo studio comparativo fatto con altre 27 ville della città per dimostrare che questa era una delle più interessanti ville costruite fuori dalle vecchie mura di Ortigia ma che, per la Soprintendenza, non è da tutelare. Siracusa perderà un pezzo della sua storia per fare posto ad un altro palazzo, e tutto nell’assoluto silenzio.”
Sull’altro piatto della bilancia c’è la famiglia proprietaria dell’immobile, che non ha i fondi necessari per restaurarlo e che, dopo 6 anni e innumerevoli documenti presentati tra Comune e Soprintendenza, è riuscita a ottenere i permessi per realizzare un complesso residenziale. E dalla parte della scelta della famiglia si è schierato chi considera che sia sbagliato costringere un privato a non realizzare un progetto per il quale ha i necessari permessi. Soprattutto perché si tratta di un bene che il Comune non può permettersi di comprare e restaurare.
La polemica è ancora aperta, nonostante la villa sia ormai stata abbattuta, perché ci si pongono molte domande sulle dinamiche che hanno portato all’esplosione di questo caso e soprattutto su come la nuova costruzione toglierà la vista del profilo della città da uno dei punti più belli, peraltro sopra le antiche latomie. Ci si chiede allora chi abbia sbagliato. Forse la sovrintendenza avrebbe dovuto opporsi e non avallare la richiesta di abbattimento? Ma soprattutto: è possibile che nessuno si sia accorto che si trattava di un bene architettonico da tutelare? Va detto che l’edificio non rientrava tra i beni storici tutelati dal Comune e, al momento dell’interrogazione di Zito (che sembra essere stato l’unico ad accorgersi di quanto stava accadendo), la Soprintendenza aveva già dato parere affermativo.
Ci si chiede, allora, se sia giusto adesso sprecare energie in polemiche tardive sul caso specifico, che ormai è a un punto di non ritorno. Quel che bisognerebbe chiedersi, piuttosto, è come evitare che questo possa accadere ancora per altri siti e soprattutto quale sia l’idea (presente e futura) di tutela del patrimonio culturale della città che, oltre all’area di Ortigia, dispone in tutto il territorio di una enorme ricchezza di siti, monumenti, edifici. Ne avevamo parlato oltre un anno e mezzo fa su queste pagine, quando avevamo intervistato il professor Giansiracusa per denunciare lo stato di degrado di alcuni edifici di pregio della città, ville come quella appena distrutta, ville liberty, neogotiche, neoclassiche, lasciate all’incuria per via di una visione da sempre centrata troppo su Ortigia e poco o niente sul resto della città.
Allora, invece di perdere tempo con questa polemica, ormai peraltro poco utile, bisognerebbe concentrarsi sul resto, su quello che ancora c’è e si può salvare, su tutto quello che è dimenticato o che è stato maltrattato o che oggi è a rischio di una scriteriata privatizzazione (come nel caso del faro di Murro di Porco). Ecco perché abbiamo provato a interpellare il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, per ragionare sul futuro e sulla direzione politica in termini di tutela e promozione dell’immenso patrimonio culturale della città. Purtroppo, il sindaco, pur avendoci dato piena disponibilità, ma non è riuscito (scusandosi educatamente) a trovare il tempo per rispondere alle nostre domande. Speriamo davvero che possa farlo prossimamente, noi siamo pronti ad ascoltare il suo punto di vista. Perché c’è in gioco il futuro di una città ricchissima di storia e di cultura. E di beni da tutelare.
Angelo De Grande -ilmegafono.org
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