Attendiamo da tempo che venga attuata una legge che consente di destinare il 3% dei denari confiscati alle mafie al Fondo integrativo per le borse di studio. Così, infatti, prevedeva la modifica approvata con Decreto Legge, nel 2013, al testo del DLgs 159/2011 (il cd. Codice Antimafia). Detto in termini “non legalesi”, si introduceva il meccanismo per cui, fatto 100 il totale delle somme confiscate o derivanti dalla vendita dei beni confiscati, il 3% di queste fosse destinato alle borse di studio. Si tratta, beninteso, di legge dello Stato e come tale andrebbe applicata, peccato che invece tutto è fermo da anni.
Ad occuparsi del tema è stato, a inizio novembre, il Sole24Ore (leggi qui), con un articolo in cui si ricordava la mancata applicazione di questa norma, mentre la settimana scorsa è arrivata l’ammissione del ministro Fedeli durante un question time alla Camera.
Ripercorriamo brevemente la storia. Aspettiamo da quattro anni che si renda effettivamente applicabile una legge simbolo e sacrosanta su cui non c’è bisogno di dilungarsi. In questa attesa, una volta scoperto questo gigantesco paradosso, si rimpallano invece le responsabilità tra gli organismi burocratici, che qua a sud delle Alpi paiono avere il vizio di accatastare carte per mescolarsele a vicenda e contribuire alla confusione.
Il dato è che l’Italia è fanalino di coda a livello europeo per i fondi disponibili per le borse di studio e potrebbe invece, agilmente, integrarlo senza gravare peraltro sul bilancio dello Stato. Insomma, siamo di fronte al classico caso di provvedimento utile oltre che simbolico. Al question time promosso alla Camera, il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, parla di “complesso meccanismo contabile” per la destinazione delle risorse confiscate alla mafia al fondo integrativo per le borse di studio. «Nessuna delle amministrazioni interessate, ivi compreso il Miur, si è resa parte attiva per l’avvio di un procedimento già così complesso».
Legge bella ma di difficile applicazione dunque, perfettamente in linea con quel gioco di difficili equilibrismi tra bello e difficile che, con un sospiro, rimanda sempre alle calende greche il cambiamento. Sembrerebbe quindi tutto normale, ormai ci abbiamo fatto il callo. Invece sulle righe del Sole (leggi qui) la coordinatrice dell’Udu (Unione degli Universitari), Elisa Marchetti, riporta tutti alla realtà. Definisce infatti agghiacciante che nessuna delle parti in causa si sia mossa in questo senso e lo abbia fatto con la dovuta attenzione e sollecitudine.
Il problema di fondo è noto da tempo e sicuramente non verrà risolto con un colpo di spugna. Certo è che, se neanche con le interrogazioni parlamentari da parte di Celeste Costantino, la deputata di Sinistra Italiana che aveva promosso l’emendamento che consentiva l’attribuzione di quei fondi alle borse di studio, nulla si era mosso, allora si fa fatica a pensare che qualcosa possa cambiare adesso. Il Leviatano mostra ancora una volta la sua ritrosia al cambiamento, a mettersi in moto.
In questa lentezza si inseriscono e sguazzano le nostre inefficienze, i nostri rimandi, le nostre pigrizie e disattenzioni che non possono far altro che far cadere le braccia. L’illusione su cui ci culliamo saltuariamente è che qualcosa possa cambiare, sullo slancio delle promesse elettorali, ma alla fine siamo sempre, gattopardianamente, i soliti, con i consueti vizi e le consuete sterili discussioni.
Penna Bianca -ilmegafono.org
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