Sono numerosi i prodotti di cosmetica che quotidianamente usiamo senza renderci conto degli effetti che provocano sull’ambiente. Pare che questo tipo di industria utilizzi microplastiche come agente esfoliante o additivo nei saponi, creme, gel, dentifrici, trucchi. Questi prodotti, infatti, contengono al proprio interno frammenti o sfere di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri. Un fenomeno ormai inarrestabile che bisognerebbe fermare, prima che si registrino ancora altri danni irreversibili al nostro ecosistema.

Le associazioni ambientaliste Marevivo, Legambiente, Greenpeace, Lav, Lipu, MedSharks e Wwf chiedono di approvare subito, in via definitiva, la legge che metta al bando le microplastiche nei cosmetici. Per tale ragione, la scorsa settimana hanno portato al presidente del Senato, Pietro Grasso, l’appello #faidafiltro, già sottoscritto da molte personalità del mondo della ricerca scientifica, dello spettacolo, dello sport e del mondo produttivo. Il ddl, che prevede il divieto, a partire dal 1° gennaio 2020, di produzione e messa in commercio di cosmetici contenenti microplastiche, ha già avuto l’ok di Montecitorio all’unanimità a ottobre 2016, ma è fermo da oltre un anno a Palazzo Madama.

Quello che molti consumatori ignorano è che queste microplastiche non vengono trattenute dai sistemi di depurazione e finiscono così direttamente in mare. Il Rapporto Frontiers 2016, rilasciato dall’Unep, il programma ambientale dell’Onu, inserisce l’inquinamento da microplastiche negli oceani tra le sei minacce ambientali emergenti. Molti studi confermano che, una volta in mare, queste sostanze vengono ingerite dalla fauna. Il rischio è che pesci e molluschi contaminati da plastica e inquinanti possano finire sulle nostre tavole.

Anche a undici chilometri di profondità nel mare, nei luoghi più remoti della Terra, creature e organismi ingeriscono plastica. Nello stomaco della maggior parte di tutti gli organismi analizzati sono state ritrovate fibre e materiale artificiale tra cui plastica, residui di tessuti, nylon, Pvc e Pva. Si stima, infatti, che i nostri mari contengono circa 51 trilioni di particelle microplastiche e 600 specie in tutto il mondo sono fortemente danneggiate da questo inquinamento.

L’associazione MedSharks, con il supporto tecnico del CNR ISMAC Biella, Università del Salento e Università degli Studi Roma Tre, ha realizzato un’indagine sulla microplastica contenuta nei prodotti cosmetici in vendita in Italia. L’inchiesta si è concentrata sul polietilene (PE) che rappresenta il 94 per cento delle microplastiche contenute nei prodotti cosmetici. La ricerca è stata effettuata su un campione casuale di 30 punti vendita, tra profumerie, farmacie, parafarmacie e supermercati in otto regioni italiane, e ha riguardato 81 prodotti di 37 aziende cosmetiche che contengono polietilene. La maggior parte è costituita da prodotti da risciacquo: esfolianti per corpo e viso, saponi struccanti e un prodotto antiforfora. Alcuni fra i prodotti con la maggior concentrazione di polietilene sono in vendita anche negli scaffali dei prodotti naturali.

Sono già diversi i Paesi che stanno implementando le normative contro questi inquinanti ed è la strada che dovrebbe imboccare anche l’Italia. Dalle ultime analisi, è emerso che ogni anno finiscono nel mare e negli oceani 8 milioni di tonnellate di plastica e, secondo le Nazioni Unite, se non si interviene subito, nel 2050 in mare ci sarà più plastica che pesci. “Sarebbe un passo importante tanto più visto il primato italiano nei cosmetici – dichiara Ermete Realacci, presidente Pd della Commissione Ambiente alla Camera -. Nel nostro Paese si produce oltre il 60 per cento del make-up mondiale. Una leadership di mercato che può essere mantenuta e rafforzata puntando sulla sostenibilità, sulla trasparenza, sulla qualità; contribuendo, allo stesso tempo, alla salvaguardia dei mari”.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org