L’aria che respiri da bambino ha mille profumi e mille colori, cresci ascoltando racconti che sembrano favole, ma non lo sono. Quei racconti sono memorie, ricordi narrati fra orgoglio e pudore, perché tante volte i vecchi sanno nascondere le lacrime. Sono insegnamenti che lasciano tracce. E mentre il tempo passa quei racconti lasciano un segno che resta per sempre, sottopelle ma sempre lì a portata di mano e pronti a ricordarti chi sei. Ci sono generazioni cui il tempo ha risparmiato l’orrore della guerra. Io non ho mai conosciuto sulla mia pelle la paura delle bombe che piovono da un aereo, non ho visto soldati entrare nella mia vita per rubarmi il padre. Non ho visto fucilazioni o deportazioni. Ma me li hanno raccontati, ho conosciuto chi ha incontrato tutto questo sulla propria strada.
La mia famiglia arriva da una terra che ha conosciuto molto bene tutto questo: l’Appennino Tosco-Emiliano. Le storie e i racconti dei vecchi hanno sempre un valore che cresce con il passare delle stagioni. Poi arriva un giorno che ti guardi intorno e di quei vecchi che ti hanno amato e insegnato a diventare adulto restano solamente qualche fotografia e un ricordo dolcissimo. Per questo li senti presenti, ti mancano ma sai che in fondo non se ne sono andati per davvero. Sono lì che ti indicano una strada. Qualche volta ti chiedi cosa farebbero loro in questo momento, come reagirebbero.
Loro, che sono stati capaci di tenere sempre alta la testa di fronte alla miseria, alla necessità di andare a cercare lavoro e fortuna lontano dalle loro origini, di sopravvivere alla guerra e al fascismo. E tremano un po’ le gambe quando ti accorgi che quei tempi sono ancora nei desideri delle troppe “bestie” che l’umanità è ancora in grado di generare.
Domenica 24 Settembre 2017, in Germania è tempo di elezioni. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale c’è un partito, nazionalista e xenofobo, che non nasconde nulla della propria vicinanza al pensiero nazional-socialista, che entra in Parlamento. Quel partito si chiama Alternative für Deutschland. Soltanto una settimana è passata da quando il suo leader, Alexander Gauland, ha dichiarato a un comizio: “Noi abbiamo il diritto di essere fieri di ciò che hanno fatto i soldati tedeschi nelle due Guerre mondiali”. È la destra estrema che rimette piede nel Bundestag, e lo fa con il voto di una nazione che lo elegge a terzo partito della Germania.
È un brivido freddo e non si può fingere di non capirne il significato e la portata. Qualcuno in Germania lo definisce “la tomba della democrazia”, eppure quel partito cresce e aumenta la sua forza e il numero dei suoi elettori. Il cibo di cui si nutre questo partito è uguale a quello che ha devastato l’Europa nel secolo scorso: la xenofobia, l’odio verso i migranti, la superiorità della razza, il fascismo. È un nutrimento comune e condiviso da tutti i movimenti di estrema destra non solo in Germania. Per questo sarebbe stupido e ipocrita guardare solo a Berlino, perché la stessa cosa succede in altri paesi: succede in Europa e in America. Succede anche a casa nostra, in quell’Italia che al fascismo ha pagato un prezzo spaventoso. Eppure in questo nostro Paese il fascismo non è mai morto, anzi trova linfa fresca.
Mercoledì 13 Settembre 2017, in Italia alla Camera viene approvata la Legge Fiano che punisce la propaganda: “La propaganda del regime fascista e nazifascista anche attraverso la produzione, la distribuzione o la vendita di beni che raffigurano persone o simboli ad essi chiaramente riferiti è a un passo dal diventare un reato previsto dal codice penale. L’Aula della Camera approva la proposta di legge di Emanuele Fiano che prevede la reclusione da sei mesi a due anni per chi fa saluti romani o vende gadget che richiamino i regimi totalitari di destra, con 261 sì, 122 no e 15 astenuti”.
Tutto il centro-destra di questo Paese insorge e vota contro quella legge. La reazione più clamorosa è a firma del Partito che si candida apertamente a governare il Paese: il Movimento Cinque Stelle che, per bocca dei suoi leader, definisce la legge “una pagliacciata” (leggi qui).
Sabato 16 Settembre 2017, a Milano, Città Medaglia d’Oro per la Resistenza, l’assessora in Comune Carmela Rozza propone “una corona di fiori uguale al cimitero Musocco per tutti i caduti della Seconda guerra mondiale. Senza distinzioni tra partigiani e repubblichini fascisti” (leggi qui).
Il giorno dopo il Sindaco di Milano prenderà le distanze da questa proposta, ma la signora Carmela Rozza resterà al suo posto e magari proporrà la stessa idea fra qualche tempo, esattamente come restano al loro posto i capi del Partito che considera una “pagliacciata” una legge contro la propaganda nazista e fascista. Perché queste persone continuano a restare al loro posto? Qual è il confine che una democrazia deve considerare legittimo per potersi definire una “democrazia”? La risposta è semplice, è la risposta suggerita dalla storia dell’Europa del Novecento: il fascismo non è un opinione, il fascismo è un reato e un mostro che ha generato milioni di morti in una notte infinitamente lunga.
E quella notte rischia di tornare, con la sua follia e tutto il suo carico di violenza. La storia del Novecento è lì, chiede solo di essere letta e ricordata. Il signor Alexander Gauland, che ritiene di avere “il diritto di essere fieri di ciò che hanno fatto i soldati tedeschi nelle due Guerre mondiali” non è mai stato sulle terre dell’Appennino, non conosce le colline di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema, e finge di non sapere quello che hanno fatto i suoi valorosi soldati. Non conosce il volto di chi ha vissuto quei giorni, ignora la tragedia che è entrata in quelle case e le ha bruciate. Non conosce il dolore dei sopravvissuti che hanno dovuto e saputo continuare a vivere, nonostante tutto.
La signora Carmela Rozza, a sua volta, finge di non sapere quale differenza esista fra chi è morto per riconquistare e difendere la libertà e chi quella libertà l’ha violentata. Alla Signora, per esempio, consiglio un fine settimana a Campegine, o nella zona dei Campi Rossi nel comune di Gattatico. Forse non conosce quella terra e forse non conosce la storia dei sette fratelli Cervi. Eppure è una storia scritta con il sangue di una famiglia contadina, una storia di quelle che “dopo un raccolto ne viene un altro”, perché quei contadini cadono sempre in piedi, perché la dignità non cade, non striscia.
È un gioco perverso, avvilente e pericoloso. Ma è anche un gioco umiliante, inaccettabile e offensivo verso la storia e verso i milioni di morti che il nazismo e il fascismo hanno bruciato. Eppure, dopo settant’anni, qualcuno osa ancora riproporre quel disegno. E qualcun altro sputa sulla storia e sulla dignità degli uomini, dimenticando che nemmeno la morte ha il diritto di mettere tutti sullo stesso piano. Carnefici e vittime non hanno lo stesso volto, non hanno la stessa dignità e nemmeno lo stesso diritto al ricordo. Perché, molto semplicemente, non è giusto e non possono averlo.
Come si comporta oggi l’Europa nei confronti di tutto questo è sotto gli occhi di tutti. Questi movimenti sono stati permessi e tollerati. Sono cresciuti, hanno preso forza e coraggio, e ora entrano nei Parlamenti. Come la stessa Europa saprà affrontare questo ritorno al passato da domani, lo capiremo presto. Negli anni venti del Novecento le diplomazie e i presunti “grandi” d’Europa hanno sottovalutato quello che stava succedendo, hanno pensato addirittura di scendere a patti con il diavolo. Quel diavolo aveva i baffi di Hitler, il ghigno di Mussolini e di Francisco Franco. Quel diavolo ha trascinato l’Europa all’inferno e, in quell’inferno, morirono circa 50 milioni di esseri umani. Milione più, milione meno.
Maurizio Anelli (Sonda.life) -ilmegafono.org
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