Di solito a fare le spese dell’inerzia dei propri rappresentanti sono i cittadini. E in questo caso, con la crisi di governo attuale, non siamo in una situazione migliore. Il quadro descritto dalla giornalista Monica Rubino in un articolo pubblicato su Repubblica può non essere inquietante, ma di sicuro fa riflettere. Perché lo stop al governo significa il ritardo (e forse lo stop?) di una serie di leggi magari non fondamentali quanto la Costituzione ma sicuramente necessarie alla vita del Paese.
E se alcune appartengono ormai al colore e al folklore (per come vengono trattate), come la legge sulla cannabis legale, altre sono state meteore nel panorama politico e dei media italiani, ma hanno un effetto diretto sulla vita quotidiana dei cittadini.
Per esempio: la legge Madia, che contiene anche la norma anti “furbetti del cartellino”; la legge sul cyberbullismo; la norma per il cognome della madre; il Jobs Act (nella parte relativa al collocamento); la riforma della Giustizia; la riforma sulle banche popolari (congelata in attesa della Consulta); le leggi ambientali; infine quella sullo Ius soli. Di qualcuna ci eravamo forse dimenticati addirittura che fosse stata pensata, ma tutte ora giacciono in un limbo più o meno avanzato, tra Camera e Senato, sulle scrivanie dei sottosegretari, sulle scrivanie di chi ne deciderà la costituzionalità.
Di sicuro, l’immobilismo del governo, che sarà, al di là dei Sì e dei No, pur colpa di qualche assetto istituzionale di questo Paese, continua a tenere ingessata l’Italia, una volta di più con tutte le conseguenze del caso di cui forse la più pericolosa di tutte è proprio lo stallo, l’attesa, non sapere come procedere.
Penna Bianca -ilmegafono.org
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