All’alba di una mattina di febbraio, le sirene dei Carabinieri hanno svegliato da un sonno profondo Matteo Salvini e il suo partito, la Lega Nord, il partito della giustizia, della legalità e del rispetto, palesemente falsi e di facciata. È proprio al sorgere di una settimana irrequieta, caotica, che le forze dell’ordine sono entrate in azione al fine di smantellare un’estesa operazione di riciclaggio in atto da diversi anni e che avrebbe causato guai e danni irreparabili alla sanità pubblica. Tra gli arresti effettuati dai Carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale milanese, in collaborazione con il tribunale di Monza, spuntano nomi importanti e piuttosto pesanti: uno su tutti è Fabio Rizzi, esponente di lunga data del Carroccio e presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale lombardo.
Un patatrac di livello epocale, un rumore sordo quello che ha svegliato il sogno beato di 21 malviventi in giacca e cravatta e che continuerà a ripercuotersi nella società civile, tra la gente che sta male e che non può permettersi di pagare una visita privata, costretta così ad attendere settimane e poi mesi prima di ricevere un esito troppe volte ormai letale.
Quando casi del genere emergono e vengono esposti alla pubblica opinione, il rischio di cadere nei vortici della rabbia, dell’incazzatura maroniana (no, incazzatura e basta!) e dello sdegno più infimo, raggiunge livelli pericolosi e per questo da arginare. La penna, colma di fervore e di tensione, scorre velocemente sulle pagine bianche pronte ad accogliere la vergogna di un Paese alla rovina; allo stesso tempo, però, si rischia fortemente di scrivere parole un po’ troppo “più in là”, parole condizionate da sensazioni forti e per questo poco convenzionali. Mantenere l’equilibrio non è semplice, ma è pur sempre un dovere.
L’indagine, denominata Smile e condotta dal procuratore aggiunto Luisa Zanetti e dal pm Manuela Massenz, tenta di far luce sull’ennesimo caso di corruzione all’interno della Sanità della Regione Lombardia. Nella fattispecie, secondo gli inquirenti, il consigliere Rizzi, in compagnia del braccio destro Mario Longo, avrebbe accettato di intascare numerose tangenti al fine di agevolare la carriera imprenditoriale di Maria Paola Canegrati, amministratrice” di numerose aziende (tra cui “Odontoquality”) specializzate in servizi di odontoiatria. La Canegrati (anch’essa arrestata) avrebbe ottenuto il monopolio per quanto riguarda l’assegnazione di appalti nelle diverse strutture ospedaliere, causando così “l’erogazione di servizi scadenti con ricadute, di natura economica e non, sia sugli enti pubblici che sui pazienti”.
Inoltre, per gli inquirenti, il sistema appena emerso avrebbe violato gravemente i “principi cardine di trasparenza, imparzialità, legalità” che rendono un’amministrazione pubblica eccellente, costringendo in questo modo i pazienti a rivolgersi ad enti privati. Rizzi, inoltre, avrebbe ricevuto un aiuto economico e politico sostanziale dalla stessa imprenditrice: sarebbe stata quest’ultima, infatti, a pagare per intero la campagna elettorale del politico leghista in occasione delle Regionali del 2013, dimostrando ancora una volta come tra i due ci fosse una vera e propria collaborazione ben definita di natura illecita.
Insomma, se tra le pagine del nostro giornale si è parlato spesso di casi di corruzione in ambito mafia-politica, qui siamo davanti a uno scenario per certi versi simile. In questo caso la criminalità organizzata non farebbe parte del sistema illecito di cui sopra, ma la sostanza e la gravità della cosa non cambiano: la politica, infatti, si dimostra ancora una volta lontana dai cittadini, lontana dagli interessi della società e sempre troppo avvinghiata al denaro, al potere, all’illegalità.
All’indomani del caos padano, comunque, Matteo Salvini e tutti gli esponenti di spicco del Carroccio hanno deciso di espellere Fabio Rizzi dal partito in maniera definitiva. Maroni, dal canto suo, da presidente regionale (e, tra le altre cose, uomo molto vicino allo stesso Rizzi) non ha perso tempo per esprimere il proprio dissenso e lo ha fatto sulla propria pagina Facebook… Perché la politica, tra un’ingiustizia e l’altra, è diventata tutta una lotta a suon di “like” e “followers”: è la politica italiana 2.0, una politica marcia come lo è sempre stata, ma solo un po’ più virtuale.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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