Bisognerebbe fissarle bene in mente le immagini che ogni tanto riescono a giungere nelle nostre case e davanti ai nostri occhi. Bisognerebbe fare lo sforzo di guardarle smettendo per un attimo di masticare un boccone o di smanettare sullo smartphone. E, soprattutto, iniziare a informarsi su quello che sta accadendo in questo continente, grazie al miscuglio esplosivo di indifferenza, silenzio e ostilità. Essere rifugiati in Europa significa, troppo spesso, trovarsi a combattere un’altra guerra, ancora una volta nel ruolo di vittime. Un universo di esseri umani trattati sempre più come pacchi postali, come appestati. Persone che invece andrebbero protette, accolte, gestite secondo due principi prioritari: umanità e solidarietà.

Prima ancora di regole, doveri, spiegazioni, burocrazie, bisognerebbe aprire le braccia della nostra presunta democrazia e dare riparo e sollievo a chi ha visto l’orrore con gli occhi, ha affrontato la morte, il viaggio, le torture, le violenze, la paura, per arrivare in un luogo sicuro e mettersi finalmente in salvo. Questo continente benestante ed egoista, che dichiara di aderire alle convenzioni internazionali e poi accoglie una percentuale minima di profughi rispetto a quanto avviene in altri contesti (Giordania, Libano, Pakistan, ecc.), sta invece offrendo la sua faccia peggiore. Lo fa riempiendo la questione di sfumature pericolose, di teorie falsificate, impastando il tema dei rifugiati e dei diritti con quello falso dell’invasione, forzando la percezione di una minaccia esterna che non c’è, ma è capace, già solo in astratto, di creare un panico generale e incontrollato.

Un retroterra culturale assurdo che sta partorendo oscenità normative, azioni violente, gravissime violazioni dei diritti umani nei confronti di persone che avremmo l’obbligo di difendere. Uomini, donne, bambini, famiglie: sono loro il bersaglio della crudeltà europea, costretti a rimanere rinchiusi in centri fatiscenti, in galere improvvisate, in campi putridi e disumani, bloccati dentro recinti sorvegliati dalla polizia del paese ospitante, che spara, picchia, respinge sadicamente chiunque provi ad attraversare la maledetta frontiera che divide la stanchezza e la rassegnazione dalla speranza di una vita normale. Dinnanzi a questa speranza stiamo edificando muri, recinti pieni di filo spinato, torrette di sorveglianza armata, emarginazione, violenza. Stiamo percuotendo le mani di chi ci chiede aiuto. Ma non è tutto: stiamo pensando scientificamente a come sbarazzarci di loro o a come eventualmente farci ripagare.

Si discute di Schengen, della possibilità di sospenderlo, stiamo tornando indietro. Anche nella crudeltà delle idee e delle proposte. In Danimarca, ad esempio, è spuntato un disegno di legge che prevede che ai profughi che giungeranno nel paese scandinavo saranno sequestrati tutti i soldi e gli oggetti di valore (con precise indicazioni su cifre e beni) che portano con sé. Un contraccambio per l’accoglienza e l’asilo politico, una misura di ispirazione nazista che ha una logica spietata e cinica. I rifugiati che giungono nei paesi di approdo sono di solito quelli che hanno più mezzi economici, sono la classe media dei paesi di origine, ossia chi si può permettere di racimolare i soldi necessari per il viaggio. E sono una minoranza. Perché la maggior parte fugge e cerca riparo all’interno del proprio paese o nelle nazioni confinanti.

Ecco allora che la Danimarca “fiuta l’affare”, toglie quei pochi soldi e averi che i rifugiati riescono eventualmente a conservare durante il loro viaggio. Una scelta che avrebbe dovuto scatenare una reazione durissima dell’Ue, con sanzioni nei confronti dei danesi e di una decisione che rinnega tutti i principi fondativi contenuti nelle carte e nelle convenzioni. Reazione che non arriva, segno di una debolezza europea disarmante. O forse di una precisa scelta di chiusura e di abbandono di quei valori di cui, con enorme ipocrisia, i rappresentanti di questa istituzione e dei singoli stati membri si dicono portatori.

Un virus pericoloso, quello che attraversa il continente, un virus che sta infettando la cultura e la politica dell’Unione, tra derive xenofobe, atti discriminatori inaccettabili (come le porte delle case dei migranti, a Middlesbrough, in Inghilterra, dipinte di un colore diverso per essere riconoscibili), paure indotte, chiusure egoistiche (come la scelta restrittiva di Cameron sull’accoglienza dei minori o quella della Svezia che intende espellere 80 mila rifugiati).  Un clima irrespirabile che genera cattivi presagi. Probabilmente non abbiamo ancora visto il peggio, ma di certo sul tema dell’immigrazione (che, riguarda anche la questione dei migranti economici e dei loro diritti) si sta giocando il futuro dell’Europa e non solo. Considerata l’incapacità e la disumanità dei protagonisti di questa parte di storia, ci sono molte ragioni per non essere ottimisti. Ma non ce n’è neanche una per non continuare a lottare contro chi sta infangando, umiliando e uccidendo milioni di innocenti in fuga.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org