E ci risiamo. Succede ogni volta che un cittadino spari contro un ladro che si sta per introdurre in casa sua e lo uccida. Basta che la notizia esca sui media nazionali e, in pochi minuti, si mette in moto il circo delle dichiarazioni, della solidarietà, degli opinionisti che saltano fuori come funghi dentro a ogni giornale o trasmissione tv, delle polemiche politiche, del leghista di turno che, soprattutto se il ladro è straniero, si mostra felice e soddisfatto. E poi ancora la “questione sicurezza”, i cittadini pronti a farsi intervistare per ripetere che sono “stanchi”, gli altri che dicono che “ha fatto bene” e guai a sostenere il contrario. Tutto esasperato ed esasperante, dai protagonisti della vicenda al dibattito che ne consegue. Mai che si possa ragionare seriamente su ciò che accade.
Innanzitutto partendo dai fatti. Un pensionato, a quanto pare vittima già di diversi furti negli scorsi mesi, svegliato nella notte dai rumori di un tentativo di effrazione e dunque di una potenziale rapina, spara addosso a un ragazzo che gli punta contro una torcia. Lo uccide. Quindi mette in fuga gli altri sparando in aria e urlando. Viene incriminato per omicidio volontario, la legittima difesa viene esclusa, perché quel ragazzo era disarmato. Inoltre, dai rilievi emergerebbe che il ladro possa essere stato colpito prima che si introducesse in casa, freddato sulle scale dal pensionato appostato sul terrazzino. Quindi non dentro l’appartamento, come ha dichiarato l’uomo. Le ipotesi sono ancora in fase di accertamento, eppure c’è già chi si sbilancia, chi esprime solidarietà all’assassino, chi critica la legislazione in materia di legittima difesa e chiede ampliamenti e modifiche che vi facciano rientrare anche i casi nei quali il rapinatore non sia armato.
Il presidente della Regione Lombardia, Maroni, ha subito detto che la Regione pagherà gli avvocati al pensionato, Salvini e la destra si schierano dalla parte di chi ha sparato, così come fanno molti opinionisti, giornalisti e ovviamente tanti cittadini che hanno persino sfilato in corteo sotto casa dell’uomo per testimoniare vicinanza e consenso. Questo è il livello della discussione su un tema serio e delicato. La sicurezza e il diritto a difendersi non possono essere confusi con sproloqui sul diritto a sparare e uccidere. Sia chiaro, nessuno vuole mettersi a giudicare il gesto di un uomo esasperato e probabilmente impaurito, perché nessuno di noi è immune dalla volontà di difendere la propria abitazione e la propria famiglia, nessuno di noi resterebbe immobile, senza far nulla, lasciando che dei rapinatori entrino in casa e mettano a rischio la tua vita e quella dei tuoi familiari. Magari non tutti penserebbero a sparare e a uccidere, ma non siamo tutti uguali ed è comprensibile che in momenti simili non sempre si ha la lucidità o la possibilità di capire se il rapinatore o potenziale aggressore sia armato oppure no.
Detto questo, però, non si può pensare di eleggere a eroe un uomo che ha ucciso un ragazzo e che, per di più, non sappiamo ancora se ha raccontato la verità su come e dove sia avvenuto l’omicidio. Così come non ci si può aggrappare, come soluzione ai problemi, alla legislazione sulla legittima difesa, ragionandone in termini bestiali, senza tener conto di cosa vorrebbe dire ammettere che un uomo possa difendersi e sparare anche se l’aggressore è disarmato. Ci sono mille situazioni ambigue che potrebbero finire dentro questa sorta di ipotesi attenuante, legittimando di fatto l’uso delle armi e trasformando la legittima difesa in legittima offesa. Se questo Paese vuole dar credito a chi pensa che lo Stato debba abdicare e affidare ai singoli cittadini il compito di difendersi e di proteggere i propri cari, allora siamo davvero messi male.
Ai cultori della sicurezza, ai Maroni (gli avvocati la Regione li metta per difendere i lavoratori, i precari e i richiedenti asilo che subiscono i soprusi della burocrazia italiana di stampo leghista), ai Salvini, ai manifestanti che organizzano cortei e sit-in per la “legalità”, parola della quale sconoscono il significato e il valore, andrebbe ricordato che da anni in Italia si perde tempo a legare il tema sicurezza agli stranieri, ai migranti, persino ai rifugiati che scappano da guerre e persecuzioni, e allo scopo si utilizzano i (percentualmente pochi) fatti di cronaca che hanno per protagonisti negativi cittadini stranieri. Si è pensato, per uno squallido gioco politico costruito per edificare la sagoma di un nemico comune che potesse produrre consenso, di occupare tutto il dibattito sulla sicurezza e legalità con ambiti e soggetti che non hanno nulla a che vedere con questo tema. Si è costruita una paura falsa quanto la coscienza dei suoi costruttori. Ci si è dimenticati volutamente che la criminalità non ha una provenienza specifica e che sarebbe meglio preoccuparsi di come contrastare i delinquenti, quelli veri, non i poveri cristi incastrati nelle burocrazie.
La Lega e Salvini, la destra della Meloni e prima di An e Forza Italia hanno sempre evitato di occuparsi di controllo del territorio, di lotta alle mafie, alle bande di rapinatori, alla “mala” (che è fatta da uomini, sia italiani che stranieri), disperdendo fiato, energie, denaro e strategie su un accanimento stolto e inutile sui migranti. Adesso blaterano di legittima difesa, di sicurezza, di cittadini che devono farsi giustizia da sé. Il saluto di ringraziamento al corteo di solidarietà sotto casa sua, da parte dell’uomo che ha ucciso il ladro, è un’immagine oscena. Uccidere non è un’esperienza frivola, al di là di qualsiasi motivazione e “legittimità”. Invocare la giustizia fai da te è un inganno tremendo e colpevole al quieto vivere, è una istigazione che potrebbe spingere il grilletto dei tanti fanatici ignoranti che, in Italia, non aspettano altro che sentirsi giustizieri, a costo di ingigantire il rischio corso. Si creerebbero molti più problemi di quelli che si pensa di risolvere.
Uno Stato serio dovrebbe piuttosto ragionare sulle risorse e sugli strumenti messi a disposizione della tutela dei territori, dei quartieri, della incolumità dei cittadini. E su misure sociali valide, sull’istruzione e su un modello di welfare che garantisca pari opportunità a tutti (ma sono discorsi troppo grandi per chi ama il giudizio immediato). Dovrebbe soprattutto ragionare su quanto si è sprecato in questi anni, per andare dietro a chi continua a identificare la criminalità con la clandestinità o con l’etnia di origine. Salvini va in piazza con i poliziotti, ma dimentica che il governo Berlusconi, che aveva ministri leghisti come Maroni, alle forze dell’ordine ha tagliato fondi, mezzi, organici.
Ecco perché, nuovamente, il dibattito su sicurezza e legittima difesa sarà uno spreco di parole e un trionfo di qualunquismo a cui parteciperanno i soliti, compresa la stampa. Tutto si risolverà in un “ha fatto bene” e magari in qualche concessione legislativa che ci trasformerà in una nuova America, dove le armi in casa le hanno quasi tutti e le usano più per offendere, principalmente fuori dalle mura domestiche, che per proteggersi. Negli States, che provano a guardare avanti, si discute di restrizioni e cambiamenti. In Italia, invece, avanti non si guarda, anzi, ci si ferma ai tanto amati film western degli anni d’oro del cinema e si progettano soluzioni maschie, non curandosi nemmeno per un minuto delle possibili conseguenze.
Massimiliano Perna –il megafono.org
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