La politica, in linea di principio, è affare pubblico. In politica, in linea di principio, possono entrare tutti. Le parole di B. davanti a Ilaria D’Amico mi lasciano una volta di più sconcertato. Ma come lui potrebbero pensarla in molti e allora è bene fare il punto della situazione. Dice B.: “Io credo che si possa veramente dare uno stop alla politica fatta per mestiere”. Come ho scritto più volte su queste colonne, l’emolumento che va riconosciuto deve essere atto, da una parte, a fornire un incentivo ai migliori sul campo, dall’altra, a consentire loro di vivere (bene) senza altre occupazioni. Perché coloro che, in linea di principio, devono servire il Paese è bene che su questo lavoro si concentrino. E tanto. Vorrei che si concentrassero solo su questo, anzi, il più possibile su questo.
Li voglio tutti i giorni in aula, con uno smartphone a rispondere alle mail che ricevono, con un tablet a twittare idee, in tv a rispondere alle domande. Non li voglio assenti perché in tribunale, in università, in studio, in ufficio, in trasmissione. Li voglio lì, grintosi, attenti. Non li voglio stanchi, turbati, afflitti, preoccupati per cose che esulino dalla loro più che legittima vita privata e dalla nostra vita pubblica. Non voglio B. che parla al telefono mentre la Merkel aspetta. Non voglio Tarantini, Simona Ventura, Ghedini o semplici benestanti “amici di”.
Ci voglio gente che dipenda, all’etimo puro della parola, da me e che quindi a me debba rispondere. Non può poter dire “me ne vado, ho altro da fare”. No. Per di più gli anni recenti ci hanno insegnato la cattiveria e allora voglio essere malizioso. Chi mi garantisce che, in un Paese di relazioni e caste, costoro non tirino acqua al proprio mulino? Il conflitto di interessi? Volendo essere ancora più puntiglioso, perché, giustamente, si tratta di “dipendenti” che, in linea di principio, dovrei scegliere: perché un ruolo pubblico debbono poterselo permettere solo coloro che “per famiglia” o “per carriera” hanno adeguate risorse per farlo?
È la stessa osservazione che feci quando scrissi il pezzo sul finanziamento ai partiti. E si badi bene che certa antipolitica iper-spicciola non può che far bene ai proprietari/gestori dei bar (per i bianchini che ivi si bevono durante la discussione) e al Signor B. Alla fine tutto torna. Gli “amici del popolo” avrebbero da stare attenti a certe derive, “le barricate in piazza le fai per conto della borghesia che crea falsi miti di progresso” cantava il Maestro (Franco Battiato).
Ebbene tutto questo ciarpame di leggiucole promesse, buone solo per affievolire l’acidità di stomaco che certe cifre fanno venire, fa a pugni con l’idea che dobbiamo avere di politica. Dobbiamo difendere la nostra politica, perché sia accessibile, controllata e dedicata a noi, i “datori di lavoro”. Se la realtà, come spesso accade, ci viene contro, facendo scarabocchi sulle linee di principio, dobbiamo cambiare la realtà e non i nostri occhi.
Penna Bianca –ilmegafono.org
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