Ci sono momenti nella vita, durante i quali può capitare di sentirsi arrivati all’ultima spiaggia. Momenti in cui riuscire a gestire il rapporto con se stessi e la propria solitudine diventa complicato e richiede un approccio non sempre facile da trovare. La musica, però, intesa sia come composizione sia come scrittura, può offrire delle soluzioni auto-terapeutiche, degli strumenti per normalizzare e buttare fuori i cattivi pensieri e alleggerirsi l’anima. È quello che ha pensato di fare Samuele Cara, cantautore di Palestrina (Roma), che pochi giorni fa ha pubblicato il suo disco d’esordio, intitolato “Ultima spiaggia”, uscito con l’etichetta Troppo Records.
Sette tracce che evidenziano il guazzabuglio interiore di Samuele, tra pensieri cupi, rabbia e stanchezza, ma che esprimono anche e soprattutto la condizione di una generazione che si trova a vivere dentro un mondo complesso, ostile, che schiaccia chi è in una situazione di fragilità. Una fragilità che, però, diventa forza nel momento stesso in cui viene urlata o buttata fuori, trasformata in musica, in canzoni, in dischi. “Ultima spiaggia” è un inno generazionale, è minimal e malinconico, è compiuto e autentico. Non sarà allegro o scanzonato, ma non è nemmeno oscuro o deprimente, anzi riesce a creare un’empatia emotiva e a rimanere orecchiabile dal punto di vista della melodia.
La sua struttura è essenziale, il sound è un pop moderno, che si mischia a sonorità proprie del cantautorato indie per poi spaziare, lungo le tracce, anche verso altri generi come il rap o l’elettropop. Quello di Samuele Cara (che abbiamo ospitato nell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) è un ottimo esordio. Il suo disco è sincero, robusto sul piano dei contenuti e gradevole dal punto di vista della musica e degli arrangiamenti. Il talento di Samuele è visibile e il suo album si lascia ascoltare e merita attenzione. Il suo è un inizio che promette bene.
Redazione Musica -ilmegafono.org
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