Le recenti elezioni europee hanno definito come si andrà a formare il prossimo Parlamento Europeo: tra chi ne esce sconfitto e chi, invece, esulta per un risultato ben oltre le aspettative, adesso è tempo di rimboccarsi le maniche e lavorare per onorare il mandato che il popolo votante ha assegnato agli eletti. In un contesto mondiale difficile come non mai, l’Europa si trova attanagliata da problematiche urgenti come la guerra tra Russa e Ucraina, l’escalation di Israele a Gaza, con il tremendo genocidio ancora oggi in corso e molto altro ancora. Tra i problemi che dovrebbero rientrare tra le priorità dovrebbe esserci anche la criminalità organizzata, rispetto alla quale bisognerebbe approntare delle strategie di lotta efficaci.

Come detto già più volte in passato su queste pagine, i tempi sono maturi perché tutti i Paesi dell’Unione si riuniscano in un solo blocco nel contrasto alla criminalità e non si lasci più ai singoli Stati, come ad esempio l’Italia, l’onere di combatterla. Anche perché sarebbe una sconfitta assicurata. Come pretendiamo, infatti, che le conoscenze del tema mafioso e le strategie di contrasto di un Paese come la Germania possano essere utili e rilevanti come quelle che abbiamo in Italia? Bisogna condividere conoscenze, tecniche, risorse, consapevoli che uniti si è molto più forti.

Ma facciamo un passo indietro. Il dato che è emerso da quest’ultima tornata elettorale è stato, senza ombra di dubbio, il forte astensionismo che ha caratterizzato un po’ tutti i Paesi. Focalizzandoci sullItalia, il dato allarmante è che solo il 49% degli aventi diritto al voto si è recato alle urneMeno della metà, quindi: un dato che è diventato a tutti gli effetti il minimo storico nazionale. Al di là delle diverse riflessioni di stampo politico e sociale che si potrebbero fare in merito alle cause dell’astensionismo, a preoccupare è proprio il fatto che la mafia possa trarre beneficio da una situazione del genere. Secondo un assunto facilmente dimostrabile, meno persone vanno a votare, più i voti dei mafiosi, sempre molto partecipativi (per interesse specifico) agli appuntamenti elettorali, hanno peso. E determinano in maggior modo, quindi, il futuro e la vita di tutti noi. Se su 30 voti, 15 sono di stampo mafioso (il che può avvenire in maniera diretta o indiretta, come ad esempio con i voti di scambio), il peso di questi ultimi è determinante. Se a votare, invece, ci vanno in 100, 200 e così via, appare evidente come quei 15 vengano in un certo modo ridimensionati.

Questo è il concetto espresso da Nando Dalla Chiesa in occasione di una recente puntata di “Propaganda Live”, andata in onda nei giorni dell’anniversario del giudice Giovanni Falcone: “Andate a votare, ma altro che astensione!” – ha affermato, accorato, il figlio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei carabinieri ucciso proprio dalla mafia nel 1982 a Palermo. L’astensione è “legittima dal punto di vista emotivo, ma i mafiosi vanno a votare e loro i voti li danno”, ha aggiunto. Loro “sono lì a decidere: più andiamo a votare e meno i loro voti avranno importanza”. La preoccupazione di Dalla Chiesa, qualche settimana prima delle votazioni, non era per niente banale né campata per aria. Anche l’associazione Libera (nella fattispecie Libera Calabria), poco prima dell’apertura dei seggi, invitava i calabresi ad andare al voto: “In un contesto regionale come il nostro, la Calabria detiene il triste primato di essere la regione con il più alto numero di comuni sciolti per mafia”, si legge in un comunicato. “L’astensione non è priva di significato, ma vuol dire accettare le esistenti relazioni di dominazione, spesso governate dalla ‘ndrangheta”. 

Purtroppo, però, alla fine, il risultato è stato evidente e decisamente negativo. Con la cifra italiana dell’astensione piuttosto preoccupante. A ciò si aggiunga, inoltre, l’assenza più o meno totale del tema mafia (e, più in generale, quello della corruzione) all’interno dei programmi dei partiti politici candidatisi alle elezioni europee. Secondo un’analisi fatta da Wikimafia poco prima della tornata elettorale, infatti, solo PD e M5S avevano nel proprio programma dei punti concreti dedicati al contrasto della criminalità. L’associazione fondata da Pierpaolo Farina ha infatti definito l’attenzione politica nei confronti del tema mafioso e della corruzione come “deficitaria, approssimativa e superficiale”. A eccezione dei due partiti sopracitati, infatti, tutti gli altri avrebbero usato “dichiarazioni di principio, nobili ma sterili”, mentre nessuno di questi avrebbe obbligato “i propri candidati a comunicare in tempo reale ai propri elettori i finanziatori delle proprie campagne elettorali”.

Insomma, un’assenza di trasparenza mista a poca concretezza nei confronti di due temi cruciali ed essenziali per il Paese e per l’Unione intera. Tra i programmi più interessanti in merito alla lotta alla mafia, comunque, spicca senz’altro quello del M5S . Il capitolo “Criminalità organizzata e corruzione, il male europeo” prevede infatti cinque tematiche importanti: lotta al riciclaggio; contrasto di frodi e corruzione; un codice antimafia per proteggere i fondi europei; una procura europea contro il terrorismo internazionale; lotta ai reati ambientali e alle ecomafie. “Complessivamente – si legge nel report di Wikimafia – si tratta di buone proposte e di uno spazio rilevante all’interno del programma”. Anche il partito di Elly Schlein prevede proposte interessanti di contrasto, tra cui “l’istituzione di una commissione speciale antimafia” in ambito europeo.

Male, invece, i partiti di maggioranza: per quanto concerne Fratelli d’Italia, infatti, sebbene il programma sia “certamente buono nelle intenzioni”, in fin dei conti “si sostiene di voler portare avanti punti già operativi, come lo scambio di informazioni tra procure e la loro collaborazione, che è già favorita con successo da Eurojust”. Male, anzi, malissimo invece per quel che riguarda Lega, Forza Italia e altri partiti minori (tra cui anche Stati uniti d’Europa e Pace, Terra, Dignità) in cui né il termine “mafia” né quello “corruzione” vengono mai citati all’interno del programma. Insomma, la strada verso una collaborazione di stampo europeo nella lotta alla criminalità è ancora lunga e, di questo passo, rischia di diventare più impervia di quanto non lo sia già.

Mentre le associazioni mafiose si evolvono, fanno affari sempre più importanti e sfruttano canali sempre più moderni, la politica italiana (e, di rimando, quella europea) arranca, manifestando a fasi alterne un’incapacità e una noncuranza avvilenti. Come affermato, ancora, da Nando Dalla Chiesa, la maggior parte dei partiti politici dice di voler seguire gli esempi dei martiri di mafia come Falcone e Borsellino soltanto a parole: “Da un lato si commemora Falcone”, ma dall’altro “non si parla di mafia in campagna elettorale”. Sembra quasi che il tema faccia paura ai partiti, timorosi di esporsi o, in qualche caso, di perdere voti. È forse questo il paradosso più grande che siamo costretti a subire e a vivere costantemente nel nostro Paese: un Paese in cui, se proponi qualcosa di buono come la lotta alla mafia, rischi di non essere eletto (e quindi di non poter mettere in pratica quelle stesse proposte). Mafia, evasione fiscale, corruzione: tutti temi scottanti, tutti temi decisivi che, se affrontati come si deve, potrebbero davvero risollevare il nostro Paese, dal punto di vista economico e sociale. Eppure si preferisce non parlarne o parlarne sempre meno. Meglio non disturbare. Che non si sa mai.

Giovanni Dato -ilmegafono.org