La transizione ecologica, nelle periferie italiane, è una straordinaria occasione per riqualificare e rigenerare aree urbane trascurate e dimenticate, in cui le questioni sociali ed economiche si intrecciano spesso con quelle ambientali. Per questo Legambiente, nel suo report “Periferie più giuste”, ha presentato sei proposte al governo guidato da Giorgia Meloni affinché le periferie possano diventare, entro il 2030, sempre di più luoghi di inclusione sociale, innovazione e sostenibilità. È nelle periferie urbane, infatti, che si toccano con mano le tante forme di disuguaglianza che colpiscono la vita delle persone e corrodono il senso di comunità. Come scrive Legambiente nel suo report, nelle periferie “si intrecciano l’impossibilità di accedere alla ricchezza comune con la questione abitativa, la necessità di rigenerare gli spazi pubblici e le comunità con la lotta contro la povertà energetica, la povertà educativa con la negazione di diritti di cittadinanza, il rischio ambientale e la maggior fragilità rispetto alla crisi climatica con i bisogni degli ultimi e dei penultimi”.

Legambiente propone quindi una road map nazionale in sei punti: 1) una politica intersettoriale dedicata alla rigenerazione delle periferie che tenga conto della riqualificazione fisica, sociale e culturale; 2) un’integrazione degli interventi sulle singole abitazioni con quelli a scala di comunità e di quartiere; 3) la garanzia del diritto ad un abitare dignitoso e bassi consumi energetici, attraverso politiche pubbliche strutturali e stabili nel tempo, coerenti con la nuova direttiva europea sulle case green; 4) accesso garantito alla “ricchezza comune” come diritto di cittadinanza: accesso a servizi sanitari, sociali, culturali e di istruzione prossimi e di qualità e a tutti quei fattori che nel territorio possono ridurre e compensare le povertà di ricchezza privata, dagli spazi pubblici alla mobilità, al verde, ecc.; 5) diritto di accesso all’energia per tutti, contrastando la povertà energetica con politiche strutturali, non affidate solo ai bonus; 6) contrasto alla povertà educativa attraverso una programmazione che finanzi a livello territoriale i Patti Educativi di Comunità, coinvolgendo i vari soggetti attivi (istituzionali e non) e condividendo la strategia per arricchire le aree periferiche di opportunità educative.

Nel report vengono raccontate anche 18 storie virtuose: esempi di buone pratiche già presenti sul territorio che hanno come punto di forza la sinergia tra istituzioni locali e la partecipazione dal basso. È questa sinergia, infatti, secondo Legambiente, la chiave per rigenerare e ripensare le periferie contrastando disuguaglianze ambientali, sociali ed economiche. Queste buone pratiche raccontano di un’Italia in fermento, dove le periferie diventano preziosi laboratori di innovazione, accoglienza e inclusione sociale. Si va da Modena, in prima linea contro la povertà energetica, all’edilizia sociale di Ferrara, al co-housing di Bologna. Da Terni, con la “cittadella delle associazioni” nata grazie anche all’intervento dell’Ater, a Crotone, con il giardino di Pitagora, a Barletta, con il recupero dei giardini di Baden Powell, area un tempo degradata e oggi fiore all’occhiello della città, grazie ad un lavoro di inclusività e partecipazione.

E ancora, da Vicenza, con la riqualificazione dell’aula didattica all’aperto del Parco Retrone nel quartiere Ferrovieri, nata dall’esigenza di più spazi pubblici condivisi emersa durante la pandemia, per arrivare in provincia di Pescara, a Popoli, con il progetto dell’eolico solidale che si propone di utilizzare la remunerazione dell’energia elettrica, prodotta annualmente dal sistema, per il finanziamento di attività e opere necessarie per supportare il sistema sociale della collettività del Comune. Tra le grandi città, Roma, con il Laboratorio Città di Corviale, Napoli, con la prima Comunità energetica Rinnovabile e Solidale (CER), Milano, con “Sharing Cities ed EnerPOP”, che ha avviato percorsi di accompagnamento per la riqualificazione energetica dei condomini. E infine Palermo, culla dei “Cantieri Culturali alla Zisa”, esempio di riconversione di un’area industriale, e Torino, con il modello “Health Equity Audit” per un welfare equilibrato grazie all’articolazione delle strutture sanitarie nel territorio.

Le periferie sono destinate a diventare i nuovi centri nevralgici delle città. È da qui pertanto che bisogna partire, senza perdere altro tempo, per centrare l’obiettivo 11 dell’agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile che chiede ai 193 Paesi delle Nazioni unite che l’hanno sottoscritta, tra cui l’Italia, “città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”.

Redazione -ilmegafono.org