In Italia sono moltissime le coppie gay e i single pronti ad accogliere in affido i minori più fragili. Hanno superato tutti i corsi necessari e adempiuto a tutti i requisiti per ottenere la certificazione di idoneità, ma questo diritto, nella maggior parte dei casi, viene loro negato. La maggioranza dei tribunali, infatti, respinge la disponibilità di queste famiglie a ospitare i bambini con “bisogni speciali” perché considerate troppo lontane dalla normalità. Una situazione paradossale che penalizza i minori, lasciandoli in attesa nelle strutture o nelle case famiglia anche per tempi molto lunghi. A denunciarlo è l’associazione M’AMa, dalla parte dei bambini, che si occupa di accudire bambini con necessità speciali (come piccoli con disabilità, sindromi genetiche, gruppi di fratelli, adolescenti problematici) e di trovare loro, su indicazione dei tribunali, una famiglia adottiva.
Attraverso il progetto AFFIDIamoci, l’associazione M’aMa, anche nota come la rete delle Mamme matte, è impegnata in una forte attività di diffusione della cultura dell’affido tra le famiglie omo e monogenitoriali e le istituzioni, attraverso l’organizzazione di eventi e convegni in tutta Italia. Quest’opera capillare di divulgazione, scrive l’associazione sul suo sito, nasce dal diritto di tutti i minori a crescere in famiglia e dalla necessaria constatazione (al di là delle proprie convinzioni personali) che oggi, anche in Italia, la struttura della famiglia è cambiata diversificandosi in monogenitoriale, omogenitoriale, allargata. Secondo la Legge 183/84, l’istituto giuridico dell’affido offre una strada conosciuta da pochi, ma praticabile da tutti (sempre se opportunamente formati dai servizi sociali territoriali): uomini e donne single di qualsiasi orientamento sessuale, coppie di fatto e sposate, etero e omosessuali, con e senza figli.
Eppure, di fatto, in alcune regioni, un single o una coppia omosessuale, anche se idonei, non sono presi in considerazione come lo sarebbe una qualsiasi “famiglia tradizionale”. Sono ben pochi i casi come quello di Giulia, nome di fantasia che appare sulle pagine di “Repubblica”, una bambina fragile più volte respinta da diverse famiglie a causa della sua condizione e poi affidata ad una single funzionaria di una multinazionale o quello di Beatrice, una bimba gravemente malata, data in affido a una coppia lesbica. I minori con necessità speciali, invece, sono circa 23 mila in Italia e, per via di un pregiudizio ancora difficile da infrangere, restano nell’attesa, spesso vana, di famiglie “tradizionali” che non arriveranno mai.
Redazione -ilmegafono.org
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