I riarrangiamenti sono l’espressione più pura di come la musica è sempre una questione di punti di vista, di sensazioni e percezioni. Si può apprezzare un brano, assimilarlo interiormente per poi immaginare di proporlo sotto un’altra veste, sotto una nuova luce che ne rafforza ed estende i contenuti. Un esempio di questa filosofia compositiva ce la propongono gli Oslavia, band milanese che ha pubblicato il suo nuovo singolo intitolato “La peste”, rivisitazione del celebre brano del grande Giorgio Gaber.
Gli Oslavia propongono questo brano con l’idea di non andare a stravolgere la base di partenza cantautorale, che caratterizzava appunto la versione originale. L’intenzione della band è stata più che altro quella di aggiungere e spuntare le melodie e in parte la ritmica, per dare un senso più moderno al brano, per immergerlo in un sound più attuale e roboante, meno poetico e un po’ più cinico.
Quelle degli Oslavia (che abbiamo ospitato nell’ultima puntata della nostra trasmissione radiofonica “The Independence Play”) sono appunto delle sperimentazioni rock da terzo millennio, in cui la linearità propria della versione originale de “La peste” viene piacevolmente alternata a folate melodiche distorte ed energiche, a un ritmo di basso e batteria più presente e a sfumature alternative-rock che, qua e là, irrobustiscono la struttura sonora.
L’ambientazione teatrale e l’andamento sciolto della voce non scompaiono, ma vengono leggermente eclissati da quella verve moderna a cui si accennava poc’anzi, che è invece più cruda e diretta. È insomma un nuovo punto di vista interessante per questo brano, perché vi aggiunge qualcosa senza però stravolgere la base di partenza. Inoltre, come hanno spiegato i membri stessi degli Oslavia, l’immagine di “peste” che ha narrato Gaber nel suo brano è ancora oggi assolutamente attuale e questa attualità è stata un motivo in più che li ha spinti a rivisitarlo. Quel “bacillo che saltella” è il virus che ci ha tenuto chiusi in casa per circa due anni, ma sono anche le guerre che dilaniano la vita di chi le vive e l’animo di chi assiste da lontano.
Manuele Foti – ilmegafono.org
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