L’odore dei soldi, da sempre. Chissà quale sarebbe, ai nostri tempi, il valore di trenta denari e chi si potrebbe tradire per così poco. Sono ancora oggi una somma per tradire, per vendere l’anima al diavolo e poi fingere che la vita possa andare avanti. L’odore dei soldi è forte, è capace di togliere il respiro e accecare la mente e il cuore, riesce a sporcare ogni cosa. Una funivia che dalle rive del lago si arrampica sulla montagna diventa una roulette russa, e l’azzardo del gioco diventa un brivido di freddo. La funivia aveva un problema e per risolverlo si doveva fermare il gioco per il tempo necessario, ma il gioco deve continuare perché significa soldi che devono entrare.
La bella stagione è arrivata, l’estate è alla finestra. La gente ha quel bisogno dolce di festa, di compagnia, di tornare ad una vita che chiama. Per molti significa ritornare al proprio lavoro, riaprire attività chiuse da troppo tempo. E allora si chiude un occhio, a volte si chiudono entrambi. Si fanno calcoli, si guardano i turisti in fila e …perché chiudere la funivia? Vedrai, non succederà nulla, “andrà tutto bene”. Ma trenta denari non si regalano, hanno un prezzo anche loro: il prezzo si chiama vita che vola via, che rotola dalla montagna e si schianta fra gli alberi. Trenta denari per quattordici vite spezzate e sogni interrotti. Qualcuno parla di destino, di fatalità, di disgrazia, ma la verità racconta un’altra storia ed è una storia assurda e vigliacca, dove l’odore dei soldi emerge in tutto il suo fetore.
È una storia di calcoli, avidità e disprezzo della vita delle persone, è un calcio in culo all’umanità. È la storia antica di questo Paese, dove i funerali di Stato sono i figli legittimi del degrado etico e umano in cui siamo caduti: crollano ponti e funivie, malati di degrado e incuria perché curare costa tempo e denaro, meglio nascondere la malattia e sperare che vada tutto bene. Poi, in un giorno di agosto o in un giorno di maggio, si contano le vite spezzate. Indagini e processi, a volte anche qualche condanna, ma poi il gioco d’azzardo continua fino alla prossima volta.
Cosa succede agli uomini? Prima o poi dovremo pur dare una risposta a questa domanda, perché sarebbe troppo facile fermarsi al primo nome in cima alla piramide. Forse è arrivato il momento di osservare tutta la piramide, forse ognuno di noi deve interrogare una parte almeno del proprio agire. Nel caso specifico, la funivia del Mottarone è una brutta storia, una in più. La sua gestione diventa negli anni un groviglio burocratico: le “Ferrovie del Mottarone” sono proprietà della famiglia Nerini e dal 1970 gestiscono la funivia. Nel corso degli anni non sono mancati guasti e incidenti, manutenzione messa da tempo sotto accusa e uno stato di degrado sempre più marcato. Nel 1997 la famiglia Nerini perde, di fatto, la gestione dell’impianto. Seguono alcuni anni, gli unici a gestione pubblica, dove la gestione viene affidata al Comune di Stresa. In quel periodo vengono eseguiti lavori di manutenzione a tutela della sicurezza ma, nel 2001, l’impianto resta fermo a lungo per un grave incidente.
Successivamente le “Ferrovie del Mottarone” riusciranno a rientrare in possesso dell’impianto grazie ad un bando dove loro saranno gli unici presenti. Quello che era stato tolto per “grave degrado dell’impianto” tornerà ai vecchi proprietari. Il resto è storia recente, cronaca triste di questo mese di maggio: la fune di traino della funivia, sostituita nel 1998, si spezza e perché sia successo dovranno stabilirlo le perizie. 14 nomi sono stati cancellati per sempre e non sarebbe successo se i freni fossero entrati in funzione. Ma i freni non hanno potuto fare il loro mestiere a causa della scelta criminale di chi ha deciso che così doveva essere, e nessuna perizia tecnica dovrà chiarire questo aspetto, è solo la coscienza che potrà rispondere.
Già, la coscienza…quell’ipotetica casa dove abitano o dovrebbero abitare il senso morale dell’individuo e la sua consapevolezza etica. Ma quella casa troppe volte diventa una “Terra di nessuno”, desolatamente vuota. E quella piramide allora va osservata meglio: le decisioni si prendono al gradino più alto, poi man a mano che si scende qualcuno deve accettare quelle decisioni e difenderle, poi qualcuno deve metterle in atto e qualcun altro deve fingere di non sapere, di non vedere e non sentire. È il senso della collettività che si è nascosto, il piacere della comunità. Lo spettacolo deve continuare, in cambio di trenta denari che non si rifiutano mai. Vale per una funivia che precipita a Stresa, per il ponte che crolla su Genova, per ogni ricostruzione mai terminata dopo un terremoto o un’alluvione. Vale per i mille morti sul lavoro, dove la sicurezza viene considerata un costo, dove si muore schiacciati dai macchinari o cadendo dalle impalcature come una volta.
Si parte e si torna tutti insieme, questo si impara quando si cammina sui sentieri. Non importa se siano sentieri di montagna o sentieri della vita di tutti i giorni. Tutti insieme, questo è quello che manca. Nella “Terra di nessuno” non c’è posto per la coscienza, nella “Terra di nessuno” non si può perdere tempo per la sicurezza e per il “tutti insieme”, perché il tempo è denaro e trenta denari sembrano pochi, ma sono l’unica cosa che conta. Un giorno, forse, capiremo che non valgono nulla e che la vita e la dignità sono davvero un’altra cosa.
Maurizio Anelli (Sonda.life) -ilmegafono.org
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