Nel giorno di Pasqua, un duro colpo è stato inferto al mandamento mafioso di Pagliarelli, quartiere periferico di Palermo. A seguito di un’indagine durata più di due anni, i carabinieri del nucleo investigativo, sotto la direzione del comando provinciale dell’Arma, sono riusciti a trarre in arresto Giuseppe Calvaruso, 44enne palermitano da tutti considerato il successore di Settimo Mineo, noto boss di cosa nostra arrestato nel 2018. Secondo gli inquirenti, Calvaruso sarebbe rientrato da poco in Italia dopo un soggiorno di circa un anno trascorso in Brasile. Il giovane boss, infatti, dopo la scarcerazione avvenuta nel 2016, avrebbe viaggiato diverse volte e per diverso tempo tra la Sicilia e il Paese sudamericano, riuscendo comunque a gestire gli affari interni della cosca e della famiglia di riferimento anche grazie all’appoggio dell’amico fidato Giovanni Caruso, anch’esso arrestato nel corso dell’operazione di qualche giorno fa.

Il mandamento in questione, Pagliarelli appunto, è uno dei più noti della città. Dopo l’arresto di Mineo, l’ascesa di Calvaruso avrebbe portato il clan ad assumere un controllo ancor più serrato e intenso. Dalle indagini, infatti, sarebbe emerso come numerosi commercianti della zona si sarebbero rivolti alla cosca in maniera assidua, assumendo una posizione di totale asservimento che non avrebbe dato spazio alla presenza o all’azione dello Stato. Tra le richieste più comuni vi sarebbero state quella di protezione a seguito di rapine non autorizzate (con tanto di pestaggio nei confronti del rapinatore di turno da parte del clan), o addirittura il permesso per l’apertura di nuove attività commerciali. Insomma, un controllo totale, a tappeto, che avrebbe colpito l’intera area di Pagliarelli e gran parte del capoluogo siciliano.

Per gli inquirenti, comunque, l’azione di Calvaruso non si sarebbe limitata a semplici regolamenti di conti e alla gestione dell’ordine pubblico del territorio, ma si sarebbe spinta ben oltre. A tal proposito, quel che colpisce maggiormente (e che è centrale nell’inchiesta) è la capacità dello stesso boss di stringere rapporti e fare affari internazionali, una capacità che per i carabinieri gli avrebbe permesso di riscuotere successo in Sudamerica e non solo. Proprio di recente, infatti, Calvaruso avrebbe stretto dei contatti con un imprenditore di Singapore, con il quale sarebbe stato in procinto di chiudere diverse operazioni immobiliari nel centro storico di Palermo. Secondo il generale Arturo Guarino, il comandante provinciale dei carabinieri che ha condotto l’operazione, “il livello di Calvaruso è quello di un mafioso che coniugava una grande capacità di controllo del territorio con una mentalità imprenditoriale, capace di spaziare in una dimensione internazionale”. 

Insomma, la mafia non abbandona certo le proprie “tradizioni” sul territorio, tradizioni fatte di soprusi e violenza, ma l’inevitabile e radicata vocazione imprenditoriale è ciò che più caratterizza le mafie, soprattutto nel mondo attuale. Questo, naturalmente, complica il lavoro degli inquirenti e della giustizia italiana, perché nel rapporto tra mafie ed economia le maglie si infittiscono, la rete di collegamenti e di connessioni si ingarbuglia e ciò appesantisce il lavoro di indagine. Davanti alla vicenda di Calvaruso, resta poi un interrogativo: come è possibile che una persona così influente nel mondo mafioso e già nota alle forze dell’ordine sia riuscita a percorrere migliaia di chilometri, spostandosi tranquillamente tra continenti diversi per diverse volte, gestendo affari e approntando operazioni immobiliari?

Ad ogni modo, un altro colpo importante inferto alla mafia e a un soggetto che, a quanto pare, stava rilanciando il clan, dopo la cattura dell’ex boss. Speriamo ne arrivino altre di catture di questo tipo, soprattutto speriamo che prima o poi arrivi la notizia dell’arresto di chi da anni sfugge alla giustizia, non solo Matteo Messina Denaro, ma anche i tanti latitanti eccellenti che riempiono la lista della Polizia di Stato. E speriamo anche che qualcosa cambi nell’area di Pagliarelli e che lo Stato possa intervenire in modo che non ci siano più richieste di protezione o permessi rivolte alla mafia.

Giovanni Dato -ilmegafono.org