Domenica scorsa, l’ex ministro della giustizia, Andrea Orlando, ha annunciato su twitter che era stata revocata la scorta a Sandro Ruotolo, dando il via a una vera e propria tempesta mediatica nei confronti del governo, per la decisione piuttosto discutibile di lasciare indifeso un giornalista che 4 anni fa era stato minacciato da Michele Zagaria, boss dei casalesi attualmente agli arresti. Gran parte dell’opinione pubblica si è stretta intorno al giornalista, chiedendo al presidente Conte di intervenire affinché fosse rivista la decisione presa dall’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS), ente che si occupa dell’assegnazione e della revoca del personale di scorta.
Il giornalista televisivo, classe ‘55, da tantissimi anni è entrato nelle case degli italiani occupandosi di tematiche spesso molto scomode, come quelle che lo hanno portato a finire sotto scorta. Nello specifico, in seguito a un servizio del 2015 sulla “terra dei fuochi”, fu intercettata una chiamata dal carcere da parte di Zagaria, nel corso della quale il boss palesava l’intento di “squartare” il giornalista. Negli anni successivi Ruotolo ha continuato a svolgere la sua professione, potendo usufruire della scorta giustamente assegnatagli.
Tra le tante inchieste condotte dal giornalista ce n’è una direttamente legata all’attuale ministro dell’Interno. Lo scorso ottobre, per il sito fanpage.it, Ruotolo ha infatti scoperto che la comunicazione di Matteo Salvini è perlopiù gestita da un software che permette di valutare in tempo reale le reazioni delle persone ai post. Questo programma, rinominato la “bestia”, dà allo spin doctor di Salvini la possibilità di rielaborare le informazioni utilizzandole per raccogliere consensi nei post successivi, trovando i temi e gli strumenti comunicativi giusti per attecchire nell’elettorato medio, sempre più legato ai social media.
Grazie all’uso di questo software, il ministro dell’Interno è riuscito ad ottenere una visibilità mai raggiunta da nessun politico italiano sui social network. Il lavoro di Ruotolo ha gettato una grande ombra sulla comunicazione di Salvini: se molti elettori erano convinti che il ministro dell’Interno fosse intimamente legato ai sentimenti della popolazione, non saranno stati contenti di scoprire che ogni parola, ogni post, ogni minuto di diretta sui vari social network, era pesato e misurato scrupolosamente e scientificamente per attirare consensi. Nulla di spontaneo. Un bluff, insomma.
Sebbene le decisioni sulle scorte vengano prese dall’UCIS, sul sito del ministero dell’Interno si può leggere come questo organo collabori direttamente con il Viminale in questo tipo di decisioni, “coadiuvando il ministro dell’Interno nella sua funzione di Autorità nazionale di pubblica sicurezza”. Insomma, non è da escludere che in questa decisione ci sia stata quantomeno l’autorizzazione del ministro dell’Interno. Lo stesso che non ha commentato la vicenda in alcun modo nonostante non abbia interrotto la sua instancabile produzione di tweet (oltre 50 nei primi 3 giorni della settimana!).
Mercoledì scorso, però, c’è stato l’ennesimo colpo di scena, quando è stata annunciata la sospensione della revoca dell’assegnazione della scorta a Ruotolo. Una vicenda che ha quindi assunto toni farseschi, dal momento che è bastata la mobilitazione dell’opinione pubblica perché si cambiasse nuovamente idea su una decisione così importante.
C’è da chiedersi allora quale sia il metro con cui l’UCIS e il Viminale prendono queste decisioni, perché le minacce di morte della camorra non hanno una data di scadenza a differenza delle parole del ministro dell’Interno che, a dicembre, aveva annunciato che avrebbe debellato la mafia “nel giro di qualche mese”, come fosse un’influenza stagionale. Aldilà delle chiacchiere però, resta ancora da capire quando e come il governo abbia intenzione di colpire la criminalità organizzata in questi mesi.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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