In Italia, sin dai tempi dell’Unità e forse anche oltre, è credenza diffusa che la criminalità organizzata appartenga al Sud e che viva e predomini esclusivamente in quest’area. Storici, politici, sociologi e tanti altri hanno sempre parlato di una “questione meridionale” da analizzare, affrontare e combattere. A distanza di oltre 150 anni, la situazione non è poi così cambiata. Dal secondo dopoguerra, poi, l’immagine del “meridionale mafioso” ha ottenuto senz’altro un incremento notevole tra la gente del Nord, grazie anche a una letteratura che ha facilitato il radicarsi di uno stereotipo (appiccicato addosso ai tanti emigranti che dal Sud si spostavano nel Settentrione) che niente ha a che vedere con la realtà, ma che purtroppo risulta difficile, ancora oggi, da debellare.

Gli anni passano, il tempo e le cose cambiano: giunge il benessere, nasce l’imprenditoria come la conosciamo oggi, prende forma una società avventuriera, volta al capitalismo, alla necessità degli affari, al valore (eccessivo) dei soldi. E la politica? La politica, ovviamente, non rimane indietro. Essa si intreccia con gli interessi di grandi gruppi economici che diventano prioritari rispetto a quello per il bene comune.

Ma è proprio qui il punto centrale della questione. Perché è qui che entra in gioco la mafia, sempre abile a penetrare in ogni settore: da quello politico a quello economico dove, grazie alle infiltrazioni e ad un modus operandi chiaramente aggressivo, essa è riuscita a prosperare e crescere. Si può dunque parlare di un trittico spaventoso, il “trittico del male”, vale a dire quello composto da mafia-economia-politica, dove ogni elemento è imprescindibile  e tutti concorrono ad un unico interesse comune: la conquista del potere.

Il caso del Comune di Sedriano, piccolo centro della provincia milanese, corrisponde a quanto detto fino ad ora. Ad un anno dall’inchiesta che ha portato agli arresti dell’attuale sindaco, Alfredo Celeste (attualmente in libertà e ancora in carica) e del consigliere regionale Domenico Zambetti, rei di essere a completa disposizione del clan di ’ndrangheta Grillo-Mancuso, il Consiglio dei Ministri ha deciso lo scioglimento dello stesso Comune (parallelamente a quello di Cirò, nel crotonese) per infiltrazione mafiosa. Ecco, quindi, che il gioco è fatto. Ancora una volta, si rivela il legame perverso tra mafia e politica.

Questa volta, però, sembra esservi un elemento nuovo: la mafia, “tipica” del Sud, è arrivata a infiltrarsi nelle istituzioni del Nord. Ma è davvero così? È davvero una novità? O forse qualcuno si è preso gioco della gente? È molto più probabile quest’ultima ipotesi. Il caso di Sedriano, primo comune lombardo sciolto per mafia, è solo uno dei tanti riscontrati tra le province lombarde e non solo: Buccinasco e Desio, ad esempio, le cui giunte, a differenza del caso in questione, si sono dimesse per uscire dal caos che le ha coinvolte.

A Sedriano, invece, la Giunta comunale non ne vuole sapere di accettare la decisione presa dal Consiglio dei Ministri e il sindaco, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, parla di accusa “infondata” e di uno scioglimento quale “atto politico” che “serviva a conclamare che in Lombardia la mafia c’è”: un fatto di cui è convinto anche lo stesso sindaco,che però lo ritiene estraneo a Sedriano, al suo comune. L’economia cosa c’entra in tutto ciò? La risposta sta nel fatto che mancano soltanto due anni all’Expo di Milano e la mafia è in fibrillazione.

Si tratta di un’occasione che non può farsi sfuggire e per far ciò, secondo il giornalista Ersilio Mattioni, essa “sceglie i piccoli comuni anche per l’assenza della stampa”. Sia chiaro: il caso di Sedriano non ha nulla a che vedere con l’Expo milanese (almeno per il momento), ma la radicata presenza mafiosa al Nord, da sempre area ricca e produttiva, e l’arrivo imminente di un evento mondiale non possono certo passare inosservati.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org