A distanza di tre anni, in una terra costantemente martoriata dalla potenza della ’ndrangheta, l’associazione Libera ha inaugurato, a Reggio Calabria, una bottega della legalità intitolata a Domenico “Dodò” Gabriele, l’undicenne crotonese  ucciso tre anni fa su un campo di calcio dalla criminalità organizzata. La storia di Dodò ha sconvolto per molto tempo l’opinione pubblica del Paese ed ancora oggi, nonostante il tempo sia passato inesorabilmente, la cittadinanza reggina, grazie all’immensa collaborazione dell’associazione di Don Ciotti, ha potuto onorare al meglio il ricordo dell’ennesima vittima della mafia. Questa volta, però, si tratta di un bambino ed è proprio in questi casi che il dolore diventa più acuto, quasi insopportabile. Dodò era un ragazzino come gli altri. La vita, per lui, era giocare a calcio, fare sport e il suo sogno era di incontrare il suo idolo, Alessandro Del Piero.

Capita, però, che proprio la vita ti si rivolti contro. Capita che vivi in un Paese corrotto sino alla nausea, in una regione, in una terra stravolta dalla criminalità organizzata e dal controllo asfissiante che questa stessa esercita in ogni dove. Capita, insomma, di essere semplici pupazzi mossi da un destino che non conosciamo e che pertanto non possiamo controllare. Così, nel giugno del 2009, due killer decidono di sparare all’impazzata su un campetto di calcio. I proiettili colpiscono il piccolo Dodò: inizia in quello stesso istante una lunga battaglia contro la morte. Una battaglia che non durerà molto: tre mesi dopo, infatti, il cuoricino del ragazzino smette di battere. Ogni passione, ogni emozione cessano di esistere. E con esse il sorriso innocente di un bambino. A distanza di tre anni, i punti interrogativi restano tali e quali.

Perché i due spararono proprio in quella direzione? Fu un gesto intimidatorio? Una minaccia? Qualsiasi motivazione avessero, ciò che è certo è che non esiste (né esisterà mai) alcuna giustificazione, poiché nulla potrà ridare ai genitori del piccolo Dodò quel figlio tanto amato. La morte del ragazzino si aggiunge così ad una lista di vittime della mafia che sembra non arrestarsi mai. C’è chi la criminalità l’ha combattuta, sfidata. Ma quando a questa stessa lista si aggiunge il nome di un bambino, qualsiasi parola rischierebbe di rivelarsi di troppo, del tutto inutile. Fortunatamente, ci ha pensato Libera a dare sostegno alla coppia di genitori i quali, sin dal giorno della morte del figlio, con coraggio e dedizione, non hanno mai smesso di girare l’Italia in nome della legalità.

Il comune di Reggio Calabria ha anche concesso di allestire nella sala “Nicholas Green” del palazzo Campanella (sede del Consiglio regionale) una bottega in cui verranno venduti prodotti alimentari e non realizzati all’interno dei beni sequestrati alla ’ndrangheta, a dimostrazione che la criminalità organizzata, in un modo o nell’altro, può essere combattuta. Di questo parere è Salvatore Pacenza, segretario della Commissione regionale contro il fenomeno della mafia, il quale è convinto che la bottega appena inaugurata “metterà in vetrina la Calabria che rinasce, quella che sa reagire ad un nemico atavico e radicato quale è storicamente la ’ndrangheta per questa terra”. Messaggi di solidarietà e di approvazione sono giunti poi da ogni parte della politica locale, tutti uniti allo scopo di ricordare il sacrificio di Dodò, la sua memoria, la sua tenera età così tristemente spezzata.

Sì, la criminalità organizzata va combattuta e solo sfidandola potremo colpirla. Non basterà sicuramente un piccolo gesto a farle del male, ma se tutti ci muovessimo, se tutti ricordassimo, in ogni istante della nostra giornata, le gesta dei più grandi uomini antimafia o il viso dolce di un bambino, forse il coraggio verrebbe sempre più, forse questa mafia non farebbe così paura. Il giornalista siciliano Pino Maniaci ha più volte affermato che “cinquemila sono i mafiosi e cinque milioni siamo i siciliani. Il rapporto è di uno a mille, se la gente si sveglia e si ribella non ci sarebbe storia: i mafiosi verrebbero cancellati a calci nel culo”. Ribelliamoci, quindi, tutti insieme: siciliani, campani, calabresi, milanesi, italiani. Incominciamo a lucidare le scarpe. Verrà il momento di calciare.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org