Spesso si associa l’Umbria ad una vera e propria oasi di pace, una regione tranquilla, vivibile, un luogo nel quale si immagina che le mafie non abbiano trovato particolare spazio. Da qualche anno a questa parte, però, sembra che il trend stia cambiando in maniera negativa: se è vero che i primi accenni di criminalità organizzata risalgono in realtà a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, è solo di recente che diverse cosche mafiose hanno cominciato a prendere in considerazione anche questa bella regione italiana.

Secondo una pregevole inchiesta realizzata da “Stampo Antimafioso” nei giorni scorsi, l’Umbria è sì un luogo sicuro e piuttosto lontano dalle dinamiche mafiose che opprimono altre regioni d’Italia, ma proprio per questo non è del tutto privo di pericoli; al contrario, è addirittura questa sorta di silenzio, di tranquillità che permette alla mafia di insediarsi, proliferare e poi gestire il territorio.

Uno dei settori in cui i clan sono riusciti a mettere le mani, per esempio, è quello del post-terremoto: tutto ciò che riguarda la ricostruzione, infatti, è a rischio infiltrazione e ciò ce lo insegna il primo, grande evento catastrofico, quello di fine anni ‘90, dopo il quale diverse aziende campane e calabresi si impossessarono del progetto di riqualificazione e ripresa delle zone terremotate. Tutto ciò, ovviamente, senza che nessuno fiatasse o dicesse qualcosa: già allora la sensazione che la mafia non esistesse da quelle parti era così forte che nessuno si preoccupò di una possibile presenza criminale, che si servì anche di aziende compiacenti che prestarono il proprio nome al fine di realizzare progetti illegali.

Purtroppo, però, la realtà era ed è diversa: per questo, nonostante in Umbria non vi sia una concentrazione mafiosa tale da preoccupare, non bisogna assolutamente abbassare la guardia. Il procuratore generale della Repubblica di Perugia, Fausto Cardella, a gennaio scorso, in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario 2018, affermava che “i lavori di ricostruzione legati al terremoto” sono stati di grande interesse “per le organizzazioni criminali attive nel settore della movimentazione terra, edilizia, ciclo del cemento e smaltimento dei rifiuti”. Inoltre, con la crisi e la chiusura di tantissime aziende, un’organizzazione criminale quale è la mafia fornisce spesso “redditi usurari alle imprese in difficoltà”.

Particolare attenzione, inoltre, merita il caso di Perugia, capoluogo di regione che è ormai una piazza importantissima di spaccio della droga: qui, infatti, proprio perché vi è una soglia d’attenzione inferiore rispetto ai grandi centri come Roma o Napoli o Milano, i clan sentono di poter fare affari con più tranquillità e in maniera più agevole. La situazione umbra, insomma, non è certamente idilliaca come appare: qui la mafia ha posto le basi già 30 anni fa, ma adesso il pericolo sembra essere più forte di prima, specialmente a causa di una grande espansione di diversi clan. Sul territorio, infatti, sono attivi numerosi clan provenienti non solo da tutta Italia (quindi principalmente camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra), ma si registra anche una forte presenza di gruppi criminali albanesi e, addirittura, dominicani (specialmente per quanto riguarda la droga).

Come viene ribadito da “Stampo Antimafioso” nella sua inchiesta, questi sono solo alcuni dei motivi per cui “non dovremmo sottovalutare la mafia in Umbria”: il fatto che la sua attività sia silenziosa non significa che non ci sia, anzi, è proprio per tale ragione che bisogna prestare attenzione, drizzare le antenne e lavorare a livello istituzionale, civile e culturale affinché non riesca a guadagnare ulteriori spazi e canali. Siamo ancora in tempo.

Giovanni Dato -ilmegafono.org