Scoprire che le tracce per l’esame di maturità siano state centrate su temi come l’uguaglianza nella Costituzione, il dramma delle leggi razziali e il rapporto tra propaganda e masse, fa sorridere. Fa sorridere perché, ad avere una fantasia cinematografica, potrebbe sembrare la beffa, il colpo di coda di un gruppo di funzionari coraggiosi, di quelli che prima di andarsene via dal ministero per lasciar spazio al governo della paura, si sono chiusi in una stanza semibuia a scegliere e, in una sorta di cospirazione rivoluzionaria, infilare nei plichi il proprio testamento civile.
Perché quelli selezionati per questa prima prova di maturità, sono argomenti che sembrano un meraviglioso invito alla ribellione contro un governo, quello attuale, che, per bocca del segretario della Lega, nonché titolare degli Interni, propone quotidianamente la violazione proprio del principio di uguaglianza, annunciando censimenti su base etnica, minacciando espulsioni di cittadini comunitari, celebrando ogni giorno lo slogan “prima gli italiani” , che abbonda nella bocca (e sulle tastiere) degli stolti e che soprattutto è esattamente l’opposto di quanto sancito dall’articolo 3 della Carta.
In realtà, non è andata esattamente così. O meglio, non come lo ha immaginato la fantasia di chi scrive. Semplicemente, i temi per la prima prova sono il lascito del precedente ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, la quale, in attesa della lunga e macchinosa formazione del nuovo esecutivo, a maggio scorso è stata legittimamente chiamata a scegliere questi argomenti, insieme al responsabile della struttura tecnica degli Esami di Stato, Ettore Acerra. Chissà, magari avvertivano il rischio di una deriva razzista e reazionaria come quella che poi ha effettivamente cominciato a manifestarsi. Ad ogni modo, l’ex ministro dell’Istruzione, colei che i grillini attaccavano perché non aveva una laurea, ma “solo” una lunga esperienza sindacale, ha scelto e lo ha fatto con intelligenza.
Certo, sarebbe stato bello vedere tracce di simil spessore anche nel 2017, magari con riferimento al dramma dei lager e al tema dei diritti umani, quando si era nel mezzo della spietata politica di Minniti, ma limitiamoci a commentare l’attualità: la scelta del 2018 denota una intelligenza politica molto più acuta di quel Di Maio che, oltre a non essere laureato come molti dei suoi seguaci un tempo avvezzi alla facile indignazione, è anche riuscito, in poche settimane, a frantumare il peso politico del suo movimento, generando un premier inutile e diventando lo zerbino del socio di minoranza Salvini. E qui finiamo di sorridere, visto che la situazione si è fatta critica e seria.
La propaganda è divenuta il tratto distintivo di un governo che non sa minimamente come affrontare le reali priorità del Paese e allora preferisce saziarne gli istinti peggiori, che derivano da anni di cattiva informazione, fake news, social incontrollati e un linguaggio politico spaventoso contro gli immigrati. La diversità, o quella che viene considerata tale, è oggi il nemico da abbattere e scannare nell’arena del qualunquismo e della crudeltà popolare. Anche se nemico non lo è affatto, ma è vittima come e più di tanti altri esseri umani segnati da un’epoca nella quale la finanza, l’abuso tecnologico e le mafie decidono il destino di ciascuno di noi. Non è un caso che la strategia di Salvini e dei suoi è portata avanti al di fuori della dimensione istituzionale che un ministro o un membro del governo dovrebbe mantenere.
Non c’è nemmeno sdoppiamento in Salvini, perché agisce ancora principalmente da segretario del suo partito e non da rappresentante dello Stato. Un comportamento che segna ormai da tempo le nuove leve della politica italiana, da Berlusconi in poi. Così era Renzi, così è Salvini. Diversi certo, ma ugualmente giovani, sfrontati, arroganti, maniaci di comunicazione social, bisognosi di click e interazioni, di stabilire linee politiche e scelte di governo attraverso un tweet o un post, senza passare dalla necessaria e nobile mediazione dell’istituzione e dei canali ufficiali. Questo si sposa con il bisogno di normalizzazione del personaggio, di distaccarsi dalle classiche maniere formali, di ridurre la distanza con il “proprio popolo”.
Salvini vomita le peggiori nefandezze possibili, ma sempre specificando, come ha ben spiegato Saviano, di essere un padre di famiglia, di pensare ai bambini. È la modalità scelta per umanizzare la disumanità, per camuffare la propria inclinazione all’odio, per accusare gli altri, gli avversari, per mostrarsi come severo statista che pensa al bene del popolo e che per questo rimane addirittura vittima dell’odio politico avverso. In questo clima avvelenato, violento, pericoloso, autoritario, dentro un mondo nel quale le violazioni dei diritti umani, in varie forme, si ripetono, dagli Usa a Israele, dal Messico alla Libia, dal Myanmar alla Turchia, alla Palestina, fino all’Italia non è facile immaginare come questi ragazzi chiamati alla maturità possano confrontarsi con il tema dell’uguaglianza o della razza. Con la storia e con la memoria.
Non è facile immaginare in positivo, se si pensa all’imbecillità crudele di tanti genitori, allo zoo dei social pieni di leoni da tastiera, ai vigliacchi che sputano odio immotivato, ignoranza e cattiveria sul web, ma anche nei bar, per strada, sui mezzi pubblici. Bisognerebbe essere sempre ottimisti sulle nuove generazioni, anche per sfuggire alle naturali attitudini lagnanti dei “vecchi” e di quel comodo e non sempre veritiero “era meglio prima”, ma l’assenza di giovani capaci di prendersi uno spazio politico illuminato, fuori dal gioco di partiti e movimenti dalla linea verticistica e dittatoriale, non lascia tantissime speranze.
Ci si augura che da questa prova di maturità possa uscire un giorno una realtà diversa, ci si augura che qualcuno accenda la lampadina dentro il proprio cervello e apra le porte del proprio cuore. Vero è che non può essere colpa solo dei ragazzi, ma è altrettanto vero che anche loro da adesso (non a caso si parla di “maturità”) hanno la responsabilità di quello che non è solo il loro futuro personale ma quello del mondo in cui vivono e che devono contribuire a costruire.
Come? Non solo con un tema, certo, ma di sicuro interessandosi, studiando, leggendo, informandosi in maniera indipendente, ma sempre verificando le fonti, senza demonizzare tutte quelle ufficiali per andare dietro a complottismi sterili. Studiare, leggere, criticare con cognizione. Perché in tempi simili, non esiste nulla di più rivoluzionario e umano della conoscenza e del pensiero critico.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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