L’incubo del nucleare è sempre dietro l’angolo, che si tratti di minacce di guerra o di contaminazioni vere e proprie. Mentre il mondo tiene il fiato sospeso per le iniziative del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, che vanta un potentissimo arsenale atomico, l’Europa deve fare i conti con una nube tossica proveniente dalla Russia. Tra settembre e ottobre, infatti, erano stati rilevati valori anomali di rutenio-106 sia nel Nord Europa che nel Nord Italia, valori che, seppur in minime quantità, avevano iniziato a destare non pochi sospetti.
La conferma di una contaminazione in atto è arrivata pochi giorni fa dalla Russia, che ammette la presenza di una nube tossica nella regione degli Urali meridionali, al confine con il Kazakistan. La notizia è stata diffusa dall’agenzia meteo Roshydromet, la quale evidenzia un tasso di rutenio-106 nell’aria ben mille volte superiore alla norma. La Rosatom, agenzia per il nucleare in Russia, tuttavia, nega che si possano essere verificati degli incidenti entro i propri confini.
Le quantità di rutenio-106 rilevate al di fuori dei confini russi non possono dirsi eccessivamente pericolose per la salute, ma il decorso della sostanza radioattiva prevede una fase di deposito sul suolo che metterebbe a rischio i prodotti alimentari. Il rutenio-106 deriva dal decadimento dell’uranio-235, è un metallo dapprima prodotto dai reattori nucleari e poi utilizzato in medicina per la ricerca di alcune patologie tumorali all’occhio. Secondo gli esperti, la dispersione di questa sostanza radioattiva, per il cui dimezzamento è necessario un anno, è avvenuto proprio in fase di rielaborazione e non dai reattori: se ci fosse stato un guasto più grave ai reattori nucleari l’atmosfera sarebbe stata invasa anche da altre sostanze radioattive, aumentando i rischi.
Marco Casolino, ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, rivela che i valori di rutenio-106 registrati in Russia sono 900 volte sopra il fondo naturale, ma solo perché in natura il fondo di questa sostanza è pari a zero.
La fonte della dispersione è probabilmente l’impianto di Mayak, nella regione Chelyabinsk, che già in passato diede molte preoccupazioni al mondo intero, in seguito all’esplosione di un deposito nucleare. Anche nel 2016 si scoprirono sversamenti tossici nelle acque circostanti, anche se l’episodio più recente non dovrebbe provocare molti danni, almeno per il momento.
L’ultima rilevazione anomala risale al 13 ottobre, da quel momento i valori di rutenio-106 sembrano essere rientrati nella norma. I dubbi su una contaminazione più estesa e pericolosa però persistono, trattandosi di una materia da sempre ostica sotto diversi punti di vista. Tra ritrattazioni e mezze notizie, i cittadini hanno diritto ad analisi certe per scongiurare qualsiasi rischio, seppur minimo, per la salute e le attività umane. Il passato rischia di ripiombare senza risparmiare colpi.
Laura Olivazzi -ilmegafono.org
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