Il caso dei ragazzi con sindrome di Down del Circolo Culturale Giovanile di Porta Romana: attori (di recente protagonisti al Parenti con l’opera “Babbelish” di Teatrialchemici), atleti, artisti, attivi fruitori di eventi e giovani che vogliono e provano a farcela da soli. Supportati da volontari e professionisti. Un interessante caso di inclusione sociale e valorizzazione delle specificità e delle inclinazioni di ciascun ragazzo, attraverso mezzi di svago e di socializzazione. Un esperimento duraturo, visto che va avanti con successo – sostenuto da impegno e gioioso lavoro – da ben 17 anni.
Il Circolo Culturale Giovanile di Porta Romana – la vivace Onlus di cui parliamo – nasce infatti nel 2000 per iniziativa diretta di un gruppo di genitori di giovani con sindrome di Down, come proposta alle esigenze d’inserimento e di inclusione dei loro figli nel tessuto sociale milanese. Una realtà che – partendo da 7 famiglie – oggi conta 40 ragazzi e giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, attorno ai quali si muovono professionisti e volontari.
Mission del Circolo è sostanzialmente l’inclusione dei ragazzi Down: un progetto educativo non assistenziale che, attraverso iniziative mirate per il tempo libero, si prefigge di mantenere il patrimonio di relazioni e competenze acquisite dai ragazzi, implementarne le conoscenze culturali, incrementare autostima e consapevolezza della loro identità con l’obiettivo di sviluppare le autonomie “possibili” dei giovani adulti partecipanti.
A trasmetterci con dettaglio e calore questi propositi è un punto di vista al contempo “istituzionale” e diretto: quello di Renata Agosti, vice-presidente del Circolo Culturale Giovanile di Porta Romana, volontaria attiva nell’organizzazione delle attività ma soprattutto mamma di una giovane 33enne con sindrome di Down. “Finita la scuola, per i nostri ragazzi con disabilità mentale si apre un grande vuoto che può portare a un forte senso di solitudine. Con il Circolo lavoriamo per difendere i loro diritti e per combattere questa solitudine”, afferma Renata, che non nasconde la questione che più di tutte affligge ogni genitore, come si può immaginare: il “dopo di noi”.
Per questo ciò che accomuna ogni attività di svago, socializzazione, inclusione, ogni iniziativa volta a riempire in modo costruttivo e divertente il tempo libero di questi ragazzi, è “l’offrire stimoli, spunti di riflessione, soluzioni che possano contribuire a far raggiungere loro la tanto desiderata autonomia”.
Iniziative mirate per arricchire il tempo libero di giovani adulti con sindrome di Down.
“Nel proporre e offrire attività di svago cerchiamo di seguire le inclinazioni e i desideri dei nostri ragazzi”, afferma Renata Agosti. Tutti i percorsi ludici sono quindi rivolti a sviluppare l’autonomia di questi giovani, favoriti da operatori-mediatori che, interagendo con loro, offrono la possibilità d’imparare a raccogliere, interpretare e organizzare le informazioni ricevute dall’ambiente, di rendersi autonomi nell’apprendimento e capaci di adattarsi a nuove situazioni.
Molti fanno sport, visto che il Circolo favorisce lo svolgimento di attività come calcio, karate, kick boxing e nuoto, e ha attivato addirittura un laboratorio di vela, grazie ad uno skipper volontario e una barca – frutto di una donazione – ormeggiata a Colico, sul lago di Como. La passione per lo sport ha dato, in alcuni casi, risultati sorprendenti: alcuni dei giovani del Circolo sono veri e propri atleti; due di loro sono membri della Nazionale di Calcio Paraolimpica e hanno partecipato alle finali di Lisbona; una delle ragazze è medaglia d’oro europea di Judo.
Si organizzano poi laboratori di arte, di lettura e scrittura, di fotografia, piccoli corsi di cucina (propedeutici all’autonomia abitativa), trucco personale, guida all’uso dei social network.
In genere ci si incontra ogni sabato per 4 ore, dando spazio anche ad altri tipi di attività comunitarie: dal visitare mostre o assistere a proiezioni di film e spettacoli, ai tour nei quartieri, o presso esposizioni ed eventi; e ogni tanto, perché no, anche pomeriggi di shopping. Anche in questi casi si cerca sempre di stimolare l’autonomia e la partecipazione attiva: dalla scelta dell’avvenimento e relativa organizzazione (acquisto biglietti, individuazione del percorso e dei mezzi di trasporto) sino al ritrovo e alla fruizione dell’evento. Senza tralasciare la parte di confronto: i ragazzi segnalano al Circolo, tramite email, esperienze ed emozioni della settimana; i testi e le fotografie vengono poi raccolti nel Giornalino associativo e discussi durante gli incontri.
Il teatro: svago, inclusione, emozione.
Fiore all’occhiello dell’offerta ludico-formativa sono i due laboratori di Teatro. Negli anni si sono andate costituendo – in seno al Circolo – ben due compagnie teatrali (I Porta Romana e I Ragazzi Circolo Porta Romana) sotto la spinta di un interesse particolarmente elevato da parte di ragazzi e rispettive famiglie verso questo tipo di attività. Quella di origine è nata nel 2004 – con 8 giovani e 3 volontari attori, a cui si è andata affiancando dal 2013 una seconda compagnia con altrettanti ragazzi e altri 2 volontari. Entrambe quindi sono compagnie “integrate”, seguite da attori/registi – Alessio Corini e Andrea Re in primis -specificatamente formati nel favorire questa tipologia di arte e svago presso persone con disabilità.
Per 10 mesi all’anno i laboratori teatrali impegnano i ragazzi una volta alla settimana, almeno per 2 ore, con l’opportunità concreta di esibirsi davanti al pubblico: negli anni, i giovani delle due Compagnie hanno portato spettacoli su palcoscenici del calibro del Teatro Litta e del Parenti a Milano, e con esibizioni anche in trasferta, al Castello di Vigevano e a Trani.
I ragazzi vengono coinvolti attivamente dai registi/insegnanti nella scrittura e nella costruzione degli spettacoli: seguendo i ragazzi da tempo e conoscendone carattere e inclinazioni, li ascoltano in merito alle tematiche ritenute più interessanti e costruiscono la messa in scena anche sulla base delle particolarità di ciascuno, individuando i ruoli che più si adattano loro.
L’ultimo successo in scena dei ragazzi del Circolo Culturale di Porta Romana ha avuto luogo, ancora una volta, al prestigioso Franco Parenti di Milano, il 31 maggio scorso, premiando l’impegno di 10 giovani in totale provenienti dai due laboratori del Circolo: per 10 giorni consecutivi hanno lavorato – provando tutti i pomeriggi – insieme ad attori e cantanti “normodotati” quali Ugo Giacomazzi e Luigi di Gangi, e al baritono Maurizio Leon. Babbelish – questo il titolo della particolare pièce per famiglie e bambini, dai toni fantasy, messa in scena al Parenti – racconta di una società sopita, che mette a tacere i suoi impulsi più vitali e il cui unico interesse è ottenere dosi di tranquillità giornaliera.
A risvegliare questa società dal torpore e dalla dipendenza è un gruppo di ominidi di una foresta, apparentemente semplici, apparentemente non evoluti, interpretati proprio dai ragazzi con sindrome di Down: insomma, il ruolo salvifico è stato affidato proprio ai giovani del Circolo!
In questo caso, lo spettacolo è stato ideato e diretto da Teatrialchemici, compagnia palermitana guidata da Ugo Giacomazzi che promuove proprio laboratori teatrali per diversamente abili: al suo interno ospita infatti un’altra compagnia – DadAlchemici – composta da attori Down, che ha fatto da apripista per Babbelish portandolo in scena al Teatro Massimo di Palermo. Proficua la collaborazione con i professionisti, con i quali i giovani del Circolo si sono ben amalgamati . “Ugo Giacomazzi e gli altri attori si relazionano con i nostri ragazzi in modo ‘normale’ e trasparente, come si farebbe con qualsiasi altra persona, riuscendo a conquistare la loro fiducia e a interagire senza alcuna difficoltà”, precisa Renata Agosti.
Interessanti anche gli esperimenti di interazione condotti con successo non solo con attori professionisti, ma anche con altre Compagnie. Come è accaduto con la preparazione e la messa in scena di Romanzo Metropolitano, ancora al Parenti, lo scorso febbraio, in collaborazione con una compagnia di teatro ragazzi composta da attori di etnia Rom e Sinti (i Rom Faktor), sotto il coordinamento dei registi Andrea Re e Dijana Pavlovic. Perché la necessità e la bellezza dell’inclusione non conoscono limiti.
Che cosa può dare il teatro – così come le altre attività artistiche e sportive – a questi giovani?
“Per i ragazzi, che si sono divertiti da morire anche in occasione di Babbelish, entusiasmati in modo particolare dalle scenografie ‘fantastiche’, il teatro è un mezzo di grande aiuto, crescita e stimolo, oltre che di divertimento”, specifica Renata Agosti. “Fare teatro aiuta molto la fisicità, il prendere confidenza con il proprio corpo e acquisire scioltezza, ma favorisce anche l’apprendimento della disciplina: l’attenzione sul palco, il rispetto di tempi, compiti, compagni, il rispetto dei ruoli. Favorisce lo sviluppo della fiducia in se stessi e negli altri, senza le quali non emergerebbe la magia dello spettacolo. Oltre ad accrescere l’autostima: il sapere di avercela fatta e l’essere applauditi soddisfano il bisogno di approvazione”.
Esperimenti di autonomia abitativa
Una buona parte dei giovani del Circolo con “svantaggio intellettivo” lavora, con grande entusiasmo, e percepisce una retribuzione: perché la soddisfazione di riuscire a comprarsi qualcosa che si desidera con i soldi che ci si è guadagnati è molto importante, per tutti. Così come lo è il raggiungere una propria autonomia e indipendenza anche abitativa.
Nel 2009, in seno al Circolo, è nato “Progetto Casa”, iniziativa che “permette a giovani adulti con sindrome di Down di iniziare il percorso per un’autonomia abitativa curata, che li porterà a divenire uomini e donne con capacità di pensiero e di decisione propri: la possibilità di vivere una vita il più possibile normale, di stabilire relazioni di convivenza e acquisire gli strumenti necessari per vivere nella società”, specifica soddisfatta Renata Agosti. Si tratta in sostanza di un vero e proprio “tirocinio didattico” della costruzione di autonomie possibili: il tutto in una casa in cui i giovani utenti, in piccoli gruppi di 3-4 unità, sperimentano le azioni pratiche e gli impegni ricorrenti della quotidianità.
Il progetto prevede forme di permanenza nell’abitazione secondo cicli alternati e ripetuti con continuità, di durata sempre maggiore, condotti da educatori. Cosi, nell’ambito di questa iniziativa, due ragazze lavoratrici vivono già da più anni da sole – escludendo le visite saltuarie degli educatori – in un appartamento di Lambrate. Altri 12 ragazzi stanno sperimentando un’opportunità simile, affiancati da psicologi ed educatori che nella fase iniziale vivono con loro. Certo, per i genitori si tratta anche di un impegno economico, ma soprattutto di un investimento formativo per il futuro, per il “dopo di noi”.
Così, il sogno di condurre una vita autonoma in tutto e per tutto (dal dare sfogo e forma alle proprie passioni nel tempo libero, al farsi carico delle responsabilità del vivere da soli), prosegue. Tra difficoltà e piccole grandi conquiste quotidiane.
Filippo Nardozza (Sonda.life) -ilmegafono.org
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