Si è cominciato a celebrare il 28 gennaio l’assurdo processo a Erri De Luca. Lo scrittore napoletano, come avevamo già scritto qui tempo fa, è stato rinviato a giudizio per le parole con cui esprimeva la necessità di sabotare la Tav. L’intento dei pm è quello di dimostrare, su accusa mossa da una delle società (francese) che costruisce la TAV, di aver con queste istigato ai danneggiamenti della Torino-Lione. Anche Giuseppe Cruciani, durante la puntata de “La Zanzara” del 28 gennaio, ha espresso la propria perplessità (le parole, come sempre, sono un po’ più pesanti e colorite) sull’accusa mossa a uno scrittore.
Nel libro uscito recentemente, “Io sto con Erri”, De Luca difende le sue parole. Invito chiunque a leggerlo. Si tratta, indipendentemente da come la si pensi, del più lucido esempio di coerenza di cui mi sia reso conto negli ultimi tempi. Lucido, che non vuol dire cinico, anzi, semplicemente “consapevole”. L’autodifesa, affidata come di consueto e come è giusto per uno scrittore, a un libro, si esaurisce in poche decine di pagine. In queste De Luca scrive di essere convinto che la TAV vada sabotata, attribuendo al termine il significato più ampio e largo possibile.
Di nuovo, indipendentemente da come la si pensi, non si può ignorare come il processo su una parola diventa, inevitabilmente, processo alle intenzioni (l’espressione è di Cruciani, dovere di cronaca). Sembra un interessante esercizio etimologico e eziologico quello che vuole partire da una frase (scritta su un quotidiano online, Huffpost) e tentarne di tirare fuori la scintilla che ha fatto scattare dei reati. Insomma, non si può non essere d’accordo con l’osservazione di De Luca, secondo cui in molti, in politica, hanno usato parole molto molto più dure.
Ho scritto molte volte che le parole vanno pesate soprattutto in politica, ma non in letteratura. La vicenda, comunque finirà, lascia intendere un pericolo di libera circolazione della parola quando si parla di certi argomenti. Forza, Charlie di tutti.
Penna Bianca -ilmegafono.org
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