Un vero e proprio terremoto è quel che sta avvenendo in questi giorni in Sicilia e all’ARS (Assemblea Regionale Siciliana). Numerosi deputati ed ex deputati (sarebbero circa 90 in tutto) risultano indagati perché avrebbero utilizzato soldi pubblici per l’acquisto di beni lussuosi, tra cui indumenti costosissimi, biancheria intima e tanto altro. Se c’è una cosa che accomuna l’Italia da Nord a Sud, è il pessimo comportamento tenuto dai politici che dovrebbero rappresentare i propri elettori e i propri cittadini. Ma procediamo con ordine e analizziamo quanto accaduto.
Nei giorni scorsi, la Guardia di Finanza palermitana, in contemporanea e in parallelo con quanto sta avvenendo un po’ in tutta Italia (si vedano i casi Sardegna e Piemonte), ha fatto luce su alcune spese folli effettuate nel corso della precedente legislatura dai deputati dei partiti presenti all’ARS, oltre che da diversi consulenti dei politici stessi. Da ciò è emerso che numerose persone non avrebbero perso occasione di spendere i soldi istituzionali a fini esclusivamente personali.
Tanti i nomi eccellenti che dovranno comparire in procura nei prossimi giorni, come quello di Antonello Cracolici, ex capogruppo Pd all’ARS, ma anche di alcuni importanti deputati catanesi, tra cui Lino Leanza (un tempo braccio destro di Raffaele Lombardo, poi elemento importantissimo nell’elezione dell’attuale presidente Rosario Crocetta), Nicola D’Agostino, Cataldo Fiorenza, Nino Di Guardo (attuale sindaco di Misterbianco). Tra gli indagati, inoltre, spiccano i nomi dello stesso Raffaele Lombardo (ex presidente della Regione), di Francesco Cascio (ex presidente dell’Ars), di Davide Faraone (deputato del PD) e di Giovanni Ardizzone, attuale presidente dell’Assemblea Regionale.
Lo stesso Ardizzone, a tal proposito, ha assicurato “la massima collaborazione alla magistratura, avendo piena fiducia in essa”, dichiarando di aver appreso “con stupore” di essere indagato “nell’ambito dell’inchiesta della Procura sui gruppi parlamentari”. Ardizzone ha poi detto di sentirsi sereno e di sperare “che si faccia presto”. Nicola D’Agostino, attuale esponente dell’UDC al Parlamento siciliano e, al tempo dei fatti contestati, esponente del Mpa, ha invece dichiarato che sul suo conto “non vi è alcuna ipotesi di utilizzo dei fondi per fini personali” e che si tratta “di spese fatte in qualità di capogruppo per il personale e per l’ufficio” e che sarebbero state documentate, aggiungendo che ribatterà alle accuse “nelle sedi appropriate”.
Insomma, il terremoto è appena incominciato, ma le scosse sembrano moltiplicarsi sempre più e in maniera veramente intensa. Dopo i recenti scandali che hanno colpito le regioni del nord Italia e infine la Sardegna, adesso c’è anche la Sicilia e l’inchiesta, che, lo ripetiamo, è ancora agli albori, annuncia risultati davvero interessanti. Certo, va ricordato che l’iscrizione nel registro degli indagati non è in nessun modo sinonimo di colpevolezza e che chi non ha commesso reati avrà modo di chiarire la propria posizione, ma è chiaro che notizie del genere fanno male alla politica, già di per sé ai minimi storici in quanto a credibilità e onestà.
A questo punto non resta che attendere nuovi sviluppi e lasciare che la magistratura compia il proprio dovere, sperando che lo faccia in tempi brevi. E che se verranno accertati reati, i colpevole paghino, una volta per tutte, per l’offesa arrecata alla Sicilia e ai suoi cittadini.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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