Dieci giorni all’insegna del nucleare, declinato in forme ed episodi diversi che offrono numerosi spunti di riflessione a chi, forse spinto da ottimismo e fiducia eccessivi, ne sostiene ancora la causa. Nonostante tutto, nonostante le misteriose malattie che inspiegabilmente colpiscono popolazioni soggette per lungo o breve tempo a radiazioni nucleari. È il caso di Masao Yoshida, ex direttore della centrale Daiichi a Fukushima, località giapponese tristemente nota per il disastro nucleare verificatosi dopo il terremoto del marzo 2011.
Masao Yoshida coordinò i lavori di contenimento a seguito delle fuoriuscite di materiale tossico, uno degli eroi nazionali che cercarono di arginare il disastro. Nei mesi successivi all’incidente gli fu diagnosticato un tumore e, nel novembre dello stesso anno, fu costretto a lasciare i lavori. Il 9 luglio 2013 Masao Yoshida ha posto fine all’agonia, spegnendosi dopo un calvario durato due anni. La Tepco, azienda che gestiva l’impianto di Fukushima, sostiene che il tumore non sia legato alle radiazioni di quel periodo e che patologie simili impiegano intorno ai dieci anni per svilupparsi.
Ma il fatto che Yoshida lavorasse giorno e notte in una centrale atomica parla da sé. Così come tutti i malati di leucemia della zona, tra cui il noto presentatore tv, Otzuka Norizaku, il quale qualche mese prima della catastrofe aveva ingerito verdure coltivate nei dintorni. Yoshida, tuttavia, anche pochi mesi prima di morire, sperava che la lezione di Fukushima facesse da monito a tutto il mondo affinché si migliorassero le condizioni e la sicurezza delle centrali nucleari.
Dal Giappone al cuore dell’Europa, in Svizzera per la precisione. Tra le montagne del Cantone di Berna serpeggia il pericolo di contaminazione nucleare, come rilevato nel lago Biel, le cui acque riforniscono il 68% della città che sorge sulle sue sponde. Ebbene, proprio queste acque registrano picchi di Cesio 137, una coincidenza alquanto strana se si considera che nei pressi del lago sorge la centrale nucleare di Muehleberg. Gli scienziati non sembrano preoccuparsi troppo del pericolo, nonostante lo sversamento di acque tossiche nel fiume Aar che alimenta il lago, verificatosi nel lontano 2000.
Dopo il disastro di Fuskushima le autorità hanno imposto lo spegnimento degli impianti entro il 2034, ma il quotidiano “Le Matin” denuncia poca chiarezza sui metodi d’indagine e sugli effettivi rischi corsi dalla popolazione. Greenpeace chiede l’apertura di un’indagine.
E proprio gli attivisti di Greenpeace si sono fatti notare qualche giorno fa con un’azione di protesta nella centrale di Tricastin, nel Sud della Francia. All’esterno sono stati affissi striscioni recanti scritte come “Pronti a pagare il prezzo?”, “Hollande, Presidente di una catastrofe”, volti a sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sui rischi che il nucleare impone alla popolazione.
In un comunicato ufficiale di Greenpeace si legge che la protesta ha lo scopo principale di invitare alla chiusura di “una delle centrali più pericolose di tutta la Francia”. Tra gli attivisti fermati dalla polizia si contano anche cittadini italiani, spagnoli e rumeni.
Laura Olivazzi -ilmegafono.org
Commenti recenti