Da settimane il leader nordcoreano Kim Jong-un tiene sulla graticola il resto del mondo, minacciando di lanciare i suoi missili contro basi militari statunitensi e sudcoreane. Da settimane i quotidiani e le televisioni di tutto il mondo seguono con apprensione gli sviluppi di una crisi che, secondo molti analisti, nasconde solo la fragilità di un regime autoritario fortemente indebolito da una grave recessione economica. Fonti del governo della Corea del Sud, citate dall’agenzia “Yonhap”, riferiscono oggi che le forze armate di Pyongyang hanno trasportato due missili a gittata intermedia sulla costa orientale del Paese e li hanno posizionati sulla rampa di lancio. Il governo nordcoreano ha invitato inoltre il personale delle ambasciate straniere a mettersi al riparo, sostenendo di non poter garantire la sicurezza delle sedi diplomatiche in caso di conflitto dopo il 10 aprile.
La Corea del Nord, tuttavia, come scrive oggi la “Bbc” sul suo sito online, ha più volte lanciato minacce contro gli Stati Uniti e i vicini sudcoreani da quando le sono state imposte nuove sanzioni dall’Onu, a marzo scorso, per aver condotto il suo terzo test nucleare. Il governo nordcoreano ha minacciato attacchi atomici contro gli Usa, ha dichiarato guerra a Seul e ha promesso di riaccendere un reattore nucleare in violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Per molti analisti di Washington, Mosca e Londra, però, si tratta solo di minacce che, se tradotte in un atto di guerra, sarebbero solo “controproducenti” per il Paese di Kim Jong-un. Il problema, sostiene il generale statunitense Martin Dempsey, capo di Stato maggiore delle Forze armate Usa, è che poco o nulla si sa del giovane dittatore Kim Jong-un, succeduto al padre Kim Jong-il nel dicembre 2011. Altrettanto poco si sa sulle condizioni di vita dei cittadini nordcoreani.
Quello che è certo è che ora il Paese è attanagliato da una grave crisi economica, dovuta in gran parte alle sanzioni internazionali. La Corea del Nord è una delle nazioni più blindate al mondo. Chi è riuscito a sfuggire al regime racconta di uno Stato chiuso, dove ai cittadini sono negate le libertà fondamentali. Il regime offre ai nordcoreani un’immagine distorta dei Paesi occidentali, presentati come i nemici da contrastare ad ogni costo e vieta l’accesso a fonti d’informazione esterna, dai quotidiani alla rete Internet. Dalle poche fotografie disponibili sulla “vita quotidiana” nella Corea di Kim Jong-un emerge l’immagine di un Paese “contadino” convertitosi, in seguito all’avvento dell’attuale regime socialista, all’industria pesante.
Il distretto industriale di Kaesong, sul confine della Corea del Sud, dà lavoro a 53 mila dipendenti nordcoreani e produce 2 miliardi di dollari l’anno. Al di là del confine, però, il governo nordcoreano cerca periodicamente di imbrigliare i mercati, regolare i prezzi, gli orari di lavoro, le tipologie di beni da vendere e perfino l’età dei commercianti. Gli abitanti della Corea del Nord che non hanno mai attraversato la frontiera non hanno la possibilità di comprendere realmente quali siano le loro condizioni, come noi non sappiamo quali siano effettivamente le loro. L’assenza di una qualsiasi forma di comunicazione con il mondo esterno impedisce uno scambio che forse, in questo momento, sarebbe l’unica “salvezza” per il giovane Paese asiatico.
G. L. -ilmegafono.org
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