Questa settimana solo cantautorato per i nostri lettori. Abbiamo deciso di dedicare un nostro commento all’album (che poi sono tre) “Io ci sono”, tributo al poliedrico e geniale Giorgio Gaber. Cantautore a sé, anagraficamente vicino agli altri mostri sacri ma diverso per poetica, musica e spirito. Il Signor G era milanese, di quelli da teatro, di quelli geniali che hanno il pallino dell’invenzione, quello che ti spiazza perché ti racconta la tua quotidianità. Il problema della normalità in città, i campari, l’automobile e corso Italia. Nel decimo anniversario della scomparsa l’etichetta Gaber ha deciso di affidare questa raccolta alle voci della canzone italiana, quelle popolari, conosciute, trasversali nella data di nascita.
Ci sono la Pausini e i Negramaro ma anche Baustelle e Dente, ci sono Mengoni, Pezzali, J-Ax e Baglioni ma anche il Sommo Battiato, Ranieri, Dalla, Ivano Fossati, Jovanotti, Arbore. Un bel mix di artisti che ai nostri lettori più integralisti può anche far venire la pelle d’oca o le zanne da cinghiale. E allora ci incuriosiamo e spacchettiamo la spedizione a casa. Indubbiamente ci sono pezzi meritevoli come La ballata del Cerutti che ci canta Vecchioni, e a buon titolo visto lo status di milanese doc e la sua voce tipicamente “tirata”. Anche Porta Romana, affidata alla voce di Ranieri, rende onore al maestro scomparso circa dieci anni fa.
Dente ci accoglie con una delle sue classiche intro di chitarra e dolcezza per Pezzi di sonno, mentre i Baustelle si cimentano nel quasi parlato di Latte 70, anche se Bianconi è meglio nel pezzo cantato. Torpedo blu cantata da Dalla è un piccolo grande capolavoro. Ci piace anche Quando è moda è moda che, con la PFM, ha una gran riuscita, così come La parola io con Battiato. Ma ci sono purtroppo anche delle importanti note fuori luogo a far compagnia a quelle parole scritte nella storia della nostra musica. J-Ax in Eppure sembra un uomo fa un bell’esperimento rap, ma lo stile sguaiato si adatta ad altri pezzi scritti dal Dj più che a questo.
Gigi D’Alessio sembra non averci capito un gran che mentre piega Ora che non sono più innamorato a una delle sue tante canzoni e, se il piano potrebbe rendergli onore, l’arrangiamento complessivo non è di grande effetto. Anche la rivisitazione più rock di Un’Idea, fatta da Ruggeri, non è un punto di forza di questo album, salvo la pronuncia delle “s” e delle “z” che avvicina, con l’umanità, l’originale e il nuovo. E anche l’esperimento di Pezzali ha una riuscita un po’ triste ne Il comportamento. Bello poter avere tutti insieme dei pezzi meravigliosi e bella l’idea e lo spirito entusiasta con cui gli artisti si sono cimentati esponendosi a critiche come questa.
Il problema è affidare cover di pezzi con i quali la storia artistica e lo stile di chi canta non ha nulla a che fare. Quando lo stile di personaggi affermati della nostra musica (Ligabue, Pezzali, J-Ax, D’Alessio, Pausini) è ormai consolidato, si rischia di piegare troppo un testo alle loro esigenze e abitudini. Criticatelo anche voi, dopo averlo ascoltato e godetevi La parola io con la voce del Maestro Franco. Un altro grazie al Signor G.
Penna Bianca –ilmegafono.org
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