Burocrazia italiana ancora agli onori della cronaca. Stavolta la strigliata arriva da Bruxelles: il decreto del ministro per lo Sviluppo Economico sugli incentivi alle rinnovabili è troppo complesso, secondo il Commissario all’energia Guenter Oettinger, e “rende difficile, se non impossibile, per i produttori indipendenti accedere ai finanziamenti dei propri progetti”. Un decreto da semplificare, data anche la dilagante crisi economica che colpisce soprattutto le piccole e medie imprese. Il decreto prevede inoltre l’istituzione di un registro per i nuovi progetti di energia rinnovabile che amplierebbe gli oneri burocratici delle aziende. Un cavillo che rischia di paralizzare ulteriormente un settore già poco attivo. L’Ue richiede periodi di transizione più lunghi, per facilitare l’adattamento alle nuove tecnologie che non è affatto una passeggiata.
Altra richiesta urgente è un sistema di protezione per gli investimenti già attivi e presenti sul mercato, oltre che un intervento sulla conversione al rinnovabile degli impianti di riscaldamento e raffreddamento. Tempestive le reazioni dall’Italia. Ermete Realacci, responsabile della Green Economy per il Pd, dichiara: “Il richiamo che arriva dall’UE sul decreto è sacrosanto”, invitando governo ed Europa ad aprirsi anche alle richieste delle regioni. I senatori Francesco Ferrante e Roberto Della Seta sono d’accordo nel definire la ramanzina europea “una vera e propria bocciatura, che deve indurre il governo a rivedere l’intero decreto a partire dai registri”.
Si fa sentire anche Legambiente, che, tramite il Presidente Vittorio Cogliati Dezza, fa sapere che “incentivare il rinnovabile è necessario per restare in Europa”. Del resto la questione energetica è da sempre una delle più discusse dalla Commissione Europea ed è uno dei settori nei quali gli stati membri sono invitati ad agire con maggiore tempestività. Occorre rivedere con urgenza l’intera struttura burocratica del decreto, anche per garantire prospettive di sviluppo concreto oltre che una certa riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2020, termine ultimo fissato dall’Europa.
Un altro tassello in meno al già dissestato mosaico della politica italiana, che si ritrova per l’ennesima volta a dover fare i conti con l’Amministrazione europea. Il governo è chiamato a un intervento. Possibilmente non troppo tecnico.
Laura Olivazzi -ilmegafono.org
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