A distanza di qualche settimana, siamo costretti, purtroppo, a dover parlare ancora una volta dell’ennesimo atto di intimidazione da parte della criminalità organizzata nei confronti dello Stato. Che si tratti di un sindaco o di un semplice cittadino, ciò ha poca importanza. Quel che preoccupa (e che realmente si evince dall’escalation di eventi criminali degli ultimi tempi) è che nel nostro Paese sembra si stia tornando a respirare l’omertà più profonda, che è sinonimo di insicurezza, di paure. Di omicidi. E di sangue sparso, sangue che è anche quello della legalità, della giustizia. Dopo il caso di Carolina Girasole, sindaco di Isola Capo Rizzuto (KR), in Calabria la ’ndrangheta continua a sfidare lo Stato, attaccando quella che viene considerata la figura più vicina alla comunità: il sindaco, appunto. È di qualche giorno fa, infatti, la notizia dell’ennesima minaccia ricevuta dal primo cittadino di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, da più di un anno a capo di questo piccolo paesino nella locride, anch’esso, come tanti altri, vittima della prepotenza mafiosa.

Una prepotenza che ha spinto la stessa a dimettersi, lasciando così un vuoto all’interno dell’amministrazione che potrebbe significare (in maniera negativa) ben più che una semplice nuova elezione per la comunità calabrese. Insomma, oggigiorno, chi sceglie un incarico del genere deve farsi carico anche di una certa pericolosità, di rischi che non sono superflui e trascurabili. Oggi, infatti, fare il sindaco secondo i principi e i valori della legge e della legalità, può risultare pericoloso, soprattutto in aree così difficili come la Calabria. E questa è una delle sconfitte più grandi per lo Stato, poiché è la dimostrazione evidente di un’assenza che si è prolungata negli anni e che ha permesso il proliferare di associazioni criminali sempre meglio radicate, come appunto la ’ndrangheta. Ma cosa è realmente successo ? E cosa ha portato alle iniziali dimissioni del sindaco Lanzetta?

Il caso di Monasterace nasce nell’estate dell’anno scorso, quando ignoti diedero fuoco alla farmacia di proprietà della stessa e del marito. Già allora nel paesino si parlava di un possibile allontanamento da parte del sindaco, ma per fortuna ciò non avvenne. Il susseguirsi, però, di minacce (specialmente via posta) e a seguito dell’ultimo grave attentato (colpi di pistola sparati contro la macchina della Lanzetta), hanno costretto quest’ultima ad effettuare un dietrofront, un passo indietro che ha il sapore amaro dell’esasperazione, oltre che della paura. Le dimissioni del sindaco di Monasterace, confermate il 3 aprile, non sono altro che la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza, della sopportazione. Perché in situazioni del genere è impossibile lavorare fingendo che tutto vada bene, che niente sia accaduto. E nemmeno la scorta, né la sorveglianza fissa al Municipio o davanti la propria farmacia, possono riuscire a risolvere una questione del genere e a combattere un duro nemico come la ’ndrangheta.

Di fronte ad un gesto eclatante come le dimissioni, insomma, è importante prendere in considerazione anche la situazione in sé, le motivazioni per cui viene presa una tale decisione. Ed in questo caso, quella del sindaco di Monasterace sembra quella più giusta, anche se sofferta. Fortunatamente, però, a distanza di qualche giorno, pare che la stessa ci abbia ripensato. È di qualche giorno fa, infatti, la notizia del ritiro delle dimissioni, seppur con riserva. “Vorrei” , ha riferito il sindaco, “che fra tre mesi potessimo fare una verifica di quello che è stato detto in questi dieci giorni. Non è un ricatto, ma un onesto atteggiamento di coerenza e fiducia che non dobbiamo perdere”. Maria Carmela Lanzetta, dunque, tornerà a svolgere la propria funzione, ma non è detto che tra qualche mese non possa ripensarci. È importante, però, dire che il sindaco Lanzetta ha ricevuto molta solidarietà.

All’evento, organizzato all’interno del Municipio, ha partecipato anche Pier Luigi Bersani, il quale si è detto contento della decisione presa, poiché, rivolgendosi a tutti i sindaci vittime delle minacce, “ la loro resistenza è anche legata al senso della dignità, della giustizia e dell’onestà. La legalità – ha aggiunto il leader del Pd – è strettamente legata al lavoro così come il civismo è legato al concetto di cittadinanza e dei servizi essenziali di cui la gente deve fruire”. Inoltre, conclude, casi del genere dimostrano che “bisogna sfatare un luogo comune e cioè che tutta la politica è sporca”.

Gesti di solidarietà e di vicinanza sono stati poi espressi anche da altre figure importanti, tra cui il vice presidente della commissione antimafia, Luigi De Sena, il quale ha assicurato che verrà prestata maggior attenzione alla situazione Calabria; ma anche il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, il ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, e il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Insomma, lo Stato ha colto l’occasione di assicurare la propria presenza in un’area notoriamente a rischio. Adesso, come in tanti altri casi, ci si aspetta che le parole diventino realtà e che a Monasterace torni un’aria più serena, un’aria che abbia l’odore genuino della legalità.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org