C’è una fetta di libertà che rimane in stand by, in attesa di sapere se verrà mangiata oppure no. C’è qualcuno che a quella libertà ha dedicato la propria vita, il lavoro, la passione. C’è un governo che dovrà decidere se permettere che in Italia vi sia un’informazione degna di una nazione democratica oppure un monopolio editoriale che ha essenzialmente un unico cognome: Berlusconi. Parliamo del famigerato beauty contest, ossia l’assegnazione gratuita delle frequenze tv del digitale terrestre alle reti Rai e Mediaset, in virtù di una delibera del precedente esecutivo atta a favorire l’azienda dell’ex premier. Una misura vergognosa, che prevede di regalare a Mediaset e Rai sei frequenze che valgono miliardi e che, in qualsiasi altro paese civile, verrebbero vendute all’asta. Il ministro per lo Sviluppo Economico, Passera, chiamato a decidere sulla questione, ha sospeso per 90 giorni il beauty contest per meglio valutare le modalità di assegnazione delle frequenze, tenendo conto del periodo difficile e dei tanti sacrifici che gli italiani stanno affrontando.
In poche parole, in questi 3 mesi il governo Monti cercherà di trovare il modo per far sì che l’assegnazione non avvenga gratuitamente ma dietro corrispettivo, possibilmente attraverso un’asta. Tre mesi sono tanti, ma il governo aveva bisogno di prendere tempo perché su questa vicenda la posta in gioco è altissima. Da una parte lo Stato, che chiede sacrifici durissimi ai cittadini e che rischia di perdere la faccia cedendo gratuitamente frequenze da cui, attraverso una vendita, potrebbe guadagnare miliardi necessari per far fronte alla crisi; dall’altra, la pressione di un Berlusconi furioso nel percepire un cambio di rotta rispetto alla strategia orchestrata quando era ancora premier per favorire Mediaset. Una pressione non da poco se si considera il peso del Pdl nella maggioranza che sostiene il governo Monti. Insomma un bell’enigma, con Passera che si prende una pausa e con Berlusconi pronto a far cadere il governo nel caso di qualche brutta sorpresa sull’assegnazione delle frequenze.
Che fare? Il momento è delicatissimo e la via di uscita complessa. Far passare il beauty contest significherebbe far infuriare il popolo, mentre stopparlo e sostituirlo con l’asta rischierebbe di far crollare l’esecutivo in un momento in cui l’Italia si trova sull’orlo del tracollo. Intanto, ci sono persone per le quali, la scelta del governo Monti rischia di essere decisiva per la propria vita e per il proprio lavoro. Una di queste persone è Pino Maniaci, proprietario di Telejato, piccola tv comunitaria che rischia di sparire per via della spartizione delle frequenze tra i monopolisti del mercato. Una televisione che sfida la mafia in terreno di boss e di clan. Un’emittente che è divenuta un simbolo della lotta alla criminalità, grazie agli oltre 200 mila telespettatori che seguono il telegiornale delle 14 in tv o sul web. Se sparisse Telejato, non solo perderemmo un baluardo del giornalismo libero, ma un patrimonio di civiltà in una nazione in cui gli esempi di giornalismo a schiena dritta e di civiltà scarseggiano miseramente.
E poi, Pino Maniaci, senza uno schermo e uno spazio da cui trasmettere la rabbia dei giusti, degli onesti, dei cittadini, sarebbe molto più solo. E a quel punto sarebbe bersaglio facile per chi lo vuole eliminare. A poco o nulla servirebbe la scorta di carabinieri e polizia, perché una volta che a chi combatte contro la mafia togli visibilità e mezzi, arrivano subito isolamento e oblio e si perde forza. La mafia sa approfittare di questi momenti, sa quando l’eliminazione di un uomo scomodo fa meno rumore. Pino rischia di essere ucciso, materialmente dalla mafia su mandato delle istituzioni.
“Laddove non ci sono riusciti i mafiosi, ci sta riuscendo lo Stato”, ripete spesso Pino quando parla di questa vicenda. Si può consentire la chiusura di una tv come Telejato? Si può spegnere la voce di un giornalista vero e metterlo nelle condizioni di perdere quelle che sono le sua armi di difesa più forti, ossia la gente ed il suo consenso? Sicuramente no! Ed è per questo che, ossessivamente, continuiamo a chiedervi di firmare l’appello per salvare Telejato e di condividerlo e farlo girare il più possibile. Per Telejato e per tutte quelle realtà locali in cui, tra mille sacrifici e ostacoli, si celebra la verità.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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