Persone per bene, giovani e meno giovani, uomini e donne, una volta bravi principalmente a muoversi sul web, ad esplorare la rete, ma ormai anche capaci di organizzare, nelle città, nei territori, un monitoraggio costante, svelando magagne, denunciando, informando. E spesso manifestando per strada. Il popolo dei Meetup, detti anche “grillini”, ossia i seguaci di Beppe Grillo, comico e tribuno genovese che agita le masse, in un costante dialogo che si svolge attraverso quello che è uno dei blog più seguiti d’Italia. Solo per quest’ultimo aspetto, bisognerebbe stare attenti a dire e scrivere certe cose, perché non si è in una cena tra amici, dove qualche bicchiere di troppo può far straparlare, magari tirando fuori qualcosa di noi che solitamente proviamo a mascherare. Beppe Grillo però non se ne preoccupa molto e con i suoi post dà indicazioni, giudizi, esprime opinioni che accendono dibattiti.

Proprio così, perché a differenza di quanto in molti sostengono, il popolo dei “grillini” è vario ed è composto da molte persone le quali, su alcuni argomenti, si allineano, condividendo i punti di vista del loro ispiratore, mentre su altri dissentono, protestano, si incazzano pure. Giustamente aggiungerei. Perché se il tuo leader (più o meno virtuale) la spara grossa, non tutti riescono a tacere ed accettare. Specialmente se il capo di questo movimento, nato in rete e oggi entrato in molte sedi istituzionali locali, per l’ennesima volta mostra la sua faccia peggiore parlando di immigrazione. Un argomento a cui il comico genovese troppe volte associa in modo improprio i toni qualunquisti e superficiali che invece scompaiono quando parla di finanza o ambiente o energie rinnovabili.

Nel mirino di uno dei post di Grillo questa volta è finita la questione seria della cittadinanza per le cosiddette seconde generazioni, ossia coloro che nascono in Italia da genitori immigrati. Una questione giuridicamente complessa che coinvolge milioni di persone, costrette a non sentirsi cittadini del Paese in cui sono nati, per via di una normativa vergognosa, che rende complicata l’acquisizione della cittadinanza. La legge attualmente in vigore (per la cui modifica esiste una proposta di legge del movimento “L’Italia sono anch’io”), si basa sullo “ius sanguinis” che prevede tre modalità di accesso alla cittadinanza per coloro che sono di origine straniera: per nascita, per naturalizzazione e per matrimonio. Diventa cittadino per nascita chi è nato da cittadini italiani; se i genitori stranieri sono diventati cittadini italiani, anche il figlio minore convivente diventa cittadino italiano.

In base allo stesso principio se il minore è nato in Italia ma i genitori non sono cittadini italiani, il figlio non  acquista la cittadinanza italiana e può diventare cittadino italiano solamente dopo il compimento del 18° anno di età e con la  dimostrazione di avere risieduto regolarmente ed ininterrottamente in Italia sino al compimento della maggiore età. Per quanto riguarda il matrimonio, se sposa un/a cittadino/a italiano/a, lo straniero acquista la cittadinanza dopo una residenza di due anni. Per quanto concerne la naturalizzazione, invece, la cittadinanza può essere concessa dopo 10 anni di residenza ininterrotta sul territorio nazionale. Insomma un percorso tortuoso e complesso che fa sì che una grossa parte di cittadini di origine straniera si trovi in una condizione di non piena cittadinanza pur essendo a tutti gli effetti italiani.

E su tale questione, che nella maggior parte dei paesi europei è risolta con il principio dello “ius soli”, in base a cui chi nasce sul territorio di uno Stato ne diventa automaticamente cittadino, in Italia si è capaci di aprire un dibattito assurdo per via di opposizioni pregiudiziali. Tra gli oppositori, oggi annoveriamo anche Beppe Grillo, il quale sostiene che “la cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, è senza senso. O meglio, un senso lo ha. Distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi. Da una parte i buonisti della sinistra senza se e senza ma che lasciano agli italiani gli oneri dei loro deliri. Dall’altra i leghisti e i movimenti xenofobi che crescono nei consensi per paura della liberalizzazione delle nascite”.

Parole sconsiderate, che denotano una certa ignoranza della materia, una totale lontananza dai problemi che riguardano milioni di persone, di esseri umani che vivono nel nostro Paese in una situazione di paradossale precarietà. Chissà cosa penserebbe il comico toscano, se proponessimo di estendere il diritto di cittadinanza anche a tutti i migranti non nati in Italia che vivono qui da 5 anni e che lavorano, spaccandosi la schiena nei campi, nei cantieri, dentro le case, nei mercati ortofrutticoli, nei ristoranti.

Sarebbe probabilmente un atto di eccessiva civiltà per questo Paese e si attirerebbe le urla gracchianti del capopopolo a cinque stelle, lo stesso che in più di un’occasione ha etichettato come criminali gli albanesi e i rumeni, veicolando quella irritante equazione tra immigrazione e criminalità che tanti danni ha creato e continua creare alla coscienza ed alla cultura degli italiani. Di fronte a tutto questo mi chiedo una cosa sola: cosa ha di diverso Beppe Grillo da un consigliere comunale leghista che sfila in camicia e fazzoletto verde?

Massimiliano Perna –ilmegafono.org