Sulla scia dei canti di lotta, delle folle nelle piazze, dei diritti rivendicati tra rabbia e dolore, in un collage di immagini ed evocazioni in cui riecheggiano suoni, fischi, sirene, perfino spari, ferite aperte che si sono appiccicate all’epidermide di una nazione tormentata, vogliamo appellarci, all’indomani del 25 aprile e alla vigilia del Primo Maggio, a tutte quelle forze che storicamente sono state custodi dei valori che vengono ricordati in queste celebrazioni. Un appello alle forze di sinistra e ai sindacati affinché oggi, come alle origini della nostra Repubblica, tornino a incontrare il popolo, sempre più isolato e arrabbiato, distante, sfiduciato. La situazione di crisi, a cui si aggiunge il peso della strategia del rigore applicata da Monti e non seguita da equità e crescita, è avvertita in maniera pressante dagli italiani, i quali, dopo un’iniziale credito concesso al governo dei tecnici, quelli dediti più al lavoro che ai festini privati, cominciano a prendere le distanze anche da loro e da quell’atteggiamento da professori di matematica competenti, ma incapaci di guardare oltre i numeri, di accorgersi dell’essere umano, dei suoi progetti e della sua lotta quotidiana per vivere.

Si sta creando un vuoto preoccupante, un buco sempre più profondo dentro cui qualsiasi cosa può trovare spazio. Gli scandali che hanno colpito la Lega, la lunga onda del berlusconismo che ancora non sembra essersi del tutto esaurita, apparendo piuttosto come una minaccia latente, la delusione e la diffidenza nei confronti della politica nel suo insieme sono terreno fertile per la cosiddetta “antipolitica”, che sarebbe più corretto definire armata populista, sempre pronta a rigenerarsi sotto la guida di nuovi protagonisti. Il fenomeno Grillo, che tanti sottovalutano o sopravvalutano a seconda della stagione, adesso sembra davvero poter raccogliere, almeno in parte, quel genere di consenso che va dagli elettori delusi della Lega a quelli dell’Idv stanchi del centralismo di Di Pietro.

Considerate poi le posizioni discutibili, per non dire razziste, del comico genovese in materia di immigrazione allora si intuisce come davvero si potrebbe assistere ad una forma di parziale sostituzione tra due forze estremamente diverse nelle radici storiche e nei metodi, ma simili sia nei toni assolutisti di attacco alla politica centrale che nella capacità di essere presenti sul territorio, con i meet-up di Grillo che da diversi anni ormai sono attivissimi a livello locale (e con buoni risultati), soprattutto sul fronte ambientalista. L’idea di abbattere i partiti è un’arma molto banale per far presa sulla stanchezza giustificata della popolazione, ma non basta, perché non propone un’alternativa che dimostri che una democrazia possa esistere senza partiti in competizione tra loro.

Per questo appare più che condivisibile la preoccupazione che il direttore Ezio Mauro esprime su Repubblica: “L’antipolitica è il terreno di coltura che prepara il populismo. Nel ‘92 ne uscimmo con Bossi e Berlusconi. La politica si riduce a evento, il cittadino non partecipa, aderisce battendo le mani. Tutto è compresso a una semplificazione elementare”. E allora cosa fare per evitare tutto questo? Cosa da sinistra? Tornare a mettere al centro le rivendicazioni più urgenti dei cittadini, quelle che attengono al lavoro, ai diritti negati. Significa tornare a comprendere la società, non accettarne strategicamente le richieste di pancia, ma interpretarla partendo dal presente e guardando al futuro, trovare unità e coerenza riguardo a quelli che sono valori non negoziabili.

La sinistra si è smarrita, sfilacciata tra chi è rimasto fermo all’età della pietra e si pianta a terra tirando calci alla cieca per via del paraocchi e chi è andato avanti saltando però il muro di confine con la propria storia e con le proprie radici, perdendo di vista anche il profumo delle piante migliori. Le incertezze e le divisioni su qualsiasi argomento, figlie anche della composizione ibrida del Pd (e prima dell’Ulivo), l’assurdità di certe scelte, il cedimento di capisaldi della propria visione del mondo in nome di compromessi e strategie elettorali hanno devastato e dilaniato la sinistra, che si è progressivamente imbastardita e indebolita, con grave danno per il Paese e per quelle aree che combattevano per il bene comune  e per i diritti di tutti. Stesso discorso vale per il sindacato, ormai non più unitario, con la sola Cgil rimasta a lottare, nonostante le correnti e i giochi di potere che la attraversano all’interno.

La Camusso parla di giovani, di lavoro, attacca il metodo Marchionne, però non spiega perché la Fiom, a Pomigliano, si è trovata in minoranza anche all’interno della Cgil stessa, in nome di divisioni tra diverse aree. Oppure non spiega perché, ad esempio, sempre la Cgil non era d’accordo con la forma di protesta attuata, sulla torre del binario 21 di Milano, dai lavoratori dei treni notte. Sono solo alcuni esempi che però ci spingono a chiedere al sindacato di cambiare rotta, di liberarsi da quella immagine di sistema di potere che ha portato moltissima gente a non fidarsi più, con un naturale incremento della non sindacalizzazione nei luoghi di lavoro e con conseguenze nefaste per i diritti dei lavoratori, soprattutto i più giovani.

A queste forze ci rivolgiamo in questo nostro appello, nei giorni del 25 aprile e del 1° maggio, perché c’ bisogno di una sinistra che sappia tornare tra il popolo educandolo e guidandolo verso un percorso di consapevolezza propositiva, così come c’è bisogno di un sindacato che sappia tornare tra i lavoratori e lottare con forza come ha fatto, ad esempio, la Fiom. Avere paura di essere tacciati di estremismo è davvero ridicolo, soprattutto in un Paese in cui i veri estremisti sono sempre più quelli che siedono dietro le scrivanie di comando.

Massimiliano Perna  -ilmegafono.org