L’approssimarsi della fine dell’anno porta con sé una nuova Legge di bilancio, e quella che è attualmente in discussione presso la Commissione Bilancio della Camera potrebbe essere una delle più sanguinose mai avute in Italia, con ricadute gravi anche su importanti ambiti, come il contrasto alle mafie. Stando a quanto analizzato e pubblicato dall’associazione Avviso Pubblico, infatti, il governo Meloni avrebbe in mente di effettuare delle “sforbiciate” che penalizzerebbero la lotta alla criminalità organizzata. L’associazione, nata nel 1996 e che da allora riunisce gli amministratori pubblici impegnati nel promuovere la cultura della legalità democratica, ha messo in evidenza le pieghe oscure della nuova legge di bilancio, scoprendo che circa l’80% dei fondi destinati agli amministratori locali vittime di intimidazioni mafiose verrà decurtato a partire dal 2025 (passando così da 6 milioni a 1 uno soltanto), mentre il fondo di 5 milioni destinato alle opere pubbliche nei Comuni sciolti per mafia verrà addirittura azzerato.
Tali tagli, come accennato, potrebbero avere inizio già il prossimo anno e poi per i tre anni a seguire, visto che gli stessi farebbero parte anche della Legge di bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027. Un passo indietro notevole, questo, rispetto al 2021, anno in cui entrambi i fondi vennero istituiti dal governo dell’epoca. Il tutto fa il paio con il definanziamento di 300 milioni ricavati dal PNRR e destinati ai beni confiscati alla mafia già attuato lo scorso anno. Insomma, l’ennesimo arretramento di un governo che non sembra avere così a cuore la lotta alla criminalità organizzata e, cosa ancor più grave, la protezione di tutti quei cittadini e quelle amministrazioni pubbliche che hanno subito o potrebbero subire minacce dalla stessa. Se da un lato, dunque, questi fondi diminuiscono, dall’altro, i casi di intimidazione non cessano certo di aumentare.
Secondo un report presentato lo scorso aprile sempre da Avviso Pubblico, nel solo 2023 “sono 315 gli atti intimidatori censiti a danno di sindaci, amministratori locali e dipendenti della Pubblica Amministrazione”, quasi uno ogni 28 ore, con un incremento notevole nel Nord Italia che rappresenta circa il 39% del totale. Non solo: nel primo semestre del 2024, i casi sarebbero stati 327 a fronte dei 258 censiti nel primo semestre dell’anno scorso, con un incremento del 26,7%. Allargando ancora un po’ più l’orizzonte, dal 2011 (anno in cui Avviso Pubblico ha iniziato a censire atti del genere), i casi di minaccia e intimidazione registrati dall’associazione in tutto il territorio italiano si attesterebbero sui 5.400, totalizzando una media di quasi 400 casi ogni anno e più di una intimidazione al giorno. Numeri paurosi che riflettono la situazione italiana attuale per quel che concerne la pressione esercitata da parte della criminalità organizzata e che non trovano riscontro nei tagli “suggeriti” dalla nuova legge di bilancio.
Se vivessimo in un Paese perfetto o a tasso di criminalità ridotto o decrescente, allora i tagli potrebbero avere una sorta di giustificazione. Purtroppo, però, l’Italia è molto lontana dall’esserlo, soprattutto se consideriamo che, dal 1991 ad oggi, gli enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose sono stati 394 (praticamente uno al mese) e che “attualmente sono ben 21 i Comuni in gestione straordinaria a seguito di scioglimento, con una popolazione coinvolta che sfiora i 250 mila abitanti”. Certo, quella attuale è una fase delicata per un Paese alla continua ricerca di fondi per poter sostenere la propria economia. Allo stesso tempo, però, risulta assurdo pensare di colpire con tanta forza proprio uno degli ambiti più importanti e decisivi nella crescita, economica, sociale e culturale, dello stesso. Soprattutto perché si tratta di fondi pensati per tutelare le comunità colpite da fenomeni di intimidazione e pressione mafiose, quindi, utili a generare benessere, lavoro e tutto ciò che di buono serve a una nazione per progredire.
Secondo Avviso Pubblico, tali tagli metteranno a dura prova “sia la possibilità di ristorare i danni subiti da amministratrici e amministratori minacciati e intimiditi”, sia quella di poter “attuare progetti di formazione per il personale della Pubblica amministrazione e per migliaia di giovani”. E proprio per questo, l’associazione ha inviato una lettera al governo con cui si chiede di “rivedere le proposte di taglio ai due fondi citati, mantenendone inalterato lo stanziamento”. Ciò, infatti, va “nella direzione opposta rispetto alla vicinanza e al supporto che dovremmo garantire a tutti gli amministratori sotto tiro”, ha affermato Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico, ricordando come si tratti di “un dovere a cui la politica non può sottrarsi”. I dubbi circa la capacità di questa “politica” di rispondere positivamente a questa sollecitazione e a mantenere impegni così validi e fruttuosi sono tanti. Detto ciò, però, bisogna continuare a far pressione sul governo, a costringerlo a tornare sui suoi passi, evitando di distruggere strumenti così importanti. Anche perché un taglio simile non è solo un danno economico e sociale, ma è anche un pessimo segnale per il futuro.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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