Fino al 20 ottobre 2024, il Maxxi di Roma ospita una mostra inedita che affonda le sue radici nel lontano 1949, quando Lucio Fontana realizza il “Primo Ambiente spaziale nel mondo”, che lo stesso artista definisce «né pittura né scultura, forma luminosa nello spazio – libertà emotiva dello spettatore», inaugurando così un capitolo della storia dell’arte contemporanea. Un capitolo che indaga una forma espressiva del tutto nuova, l’ambiente, quel luogo in cui un’opera, dal punto di vista sensoriale, per esistere richiede la presenza del pubblico. Negli anni, diversi artisti, prevalentemente di genere maschile, si sono cimentati in questo nuovo modo di vivere l’arte, ma la mostra in corso a Roma, dal titolo “Ambienti 1956-2010. Environments by Women Artists II”, curata da Francesco Stocchi insieme ad Andrea Lissoni e Marina Pugliese, vuole invece mettere in luce la partecipazione delle donne alla storia di una delle forme di espressione artistica forse ad oggi meno indagata.
La mostra, inaugurata il 10 aprile scorso, secondo capitolo di un’esposizione presentata a Monaco di Baviera dalla Haus der Kunst nel 2023, raccoglie il contributo artistico di 18 donne, 18 artiste e ricercatrici di tre generazioni diverse provenienti da tutto il mondo, le cui opere, prodotte tra il 1956 e il 2010, anno di inaugurazione del Maxxi, non possono certamente definirsi comuni. Judy Chicago, Lygia Clark, Laura Grisi, Aleksandra Kasuba, Léa Lublin, Marta Minujín, Tania Mouraud, Nanda Vigo, Tsuruko Yamazaki, ed ancora Micol Assaël, Monica Bonvicini, Zaha Hadid, Kimsooja, Christina Kubisch, Nalini Malani, Pipilotti Rist, Martha Rosler e Esther Stocker sono le artiste coinvolte per raccontare la loro arte. Lo fanno non attraverso la produzione di un oggetto, un quadro o una scultura, bensì di uno spazio, un ambiente appunto, dove l’innovazione del linguaggio artistico si completa con il coinvolgimento attivo del pubblico.
Sono artiste a volte dimenticate o non valorizzate a sufficienza, come troppo spesso è avvenuto per le artiste donne, delle quali, grazie a una ricerca filologica molto accurata, si ripropongono e si ricostruiscono progetti architettonici e opere che, per la maggior parte, dopo la loro prima esposizione, erano state smantellate. La cornice di questa collettiva tutta al femminile non poteva che essere il Maxxi, lo spazio progettato da Zaha Hadid – figura iconica dell’architettura internazionale e prima donna ad aver vinto il Premio Pritzker (il più importante riconoscimento a livello mondiale per gli architetti) – che per sua stessa natura è a tutti gli effetti parte del progetto espositivo sia come involucro sia come “ambiente” esso stesso. Gli spazi del Maxxi, infatti, accolgono opere tridimensionali ed immersive, creazioni tra arte, architettura e design, dal carattere coinvolgente e giocoso, dalle quali il pubblico si sente attratto ed invitato ad interagire, sperimentare, diventare esso stesso attore protagonista dell’esperienza artistica.
Come afferma Francesco Stocchi, direttore artistico del museo dal giugno 2023, “la mostra rappresenta per le artiste, così come per il pubblico, un’occasione unica per lavorare con una materia viva, in evoluzione, rispetto alla definizione stessa di un’opera finita. Una scultura, un dipinto, un disegno o un film per loro natura sono “chiusi”. Al contrario l’ambiente, per definizione e per le interazioni che ha, è vivo e questa vitalità si celebra con l’accoglienza e l’incontro con lo spettatore”.
Ogni opera, infatti, suscita percezioni diverse, stimolate da variazioni termiche, da sensazioni epidermiche, stimoli sonori ed olfattivi, e il corpo, nell’attraversare ogni “ambiente”, non può non partecipare agli stimoli ricevuti, è in continuo movimento, portato ad interagire in modo sempre diverso. È impossibile non accucciarsi, non accarezzare, non sedersi, non sdraiarsi, non appiattirsi. Tutto, in questa mostra, è attraente e coinvolgente e non ci sono limiti di età. Grandi e piccini possono partecipare ognuno con il proprio bagaglio di esperienze ad un percorso immersivo dove emozione e scoperta, curiosità e stupore camminano a braccetto e dove, una volta tolte le scarpe e indossati i calzini, la parola d’ordine non potrà che essere “lasciatevi andare”.
Serena Gilè -ilmegafono.org
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