“Liberi di scegliere” viene rinnovato e allarga i suoi orizzonti diventando, speriamo presto, legge. Nato da un’esperienza pilota ideata qualche anno fa da un giudice minorile di Reggio Calabria, con il sostegno dell’associazione Libera, per tentare di sottrarre i familiari e soprattutto i minori dai “tentacoli” criminali dei mafiosi, o affiliati, nel corso degli anni, il progetto si è allargato e si è aperto a tutte le aree a più forte radicamento della criminalità organizzata di stampo mafioso. Pochi giorni fa è stato firmato dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, un nuovo protocollo che coinvolge anche altri quattro ministeri (Interno, Istruzione, Università e Ricerca, Famiglia) e che vede la partecipazione e il coinvolgimento di diversi enti ed associazioni (Libera, la onlus Salesiani, la odv Fonte d’Ismaele, il Centro Elis, l’associazione Cometa, la Fondazione di comunità San Gennaro). Faranno parte, a livello operativo, anche le procure Distrettuali Antimafia e le autorità giudiziarie minorili.
Oltre al rinnovo del progetto (che non era affatto scontato) la novità sta nel fatto che esso verrà esteso ai distretti di Napoli, Catania e Palermo, grazie anche al coinvolgimento della Conferenza Episcopale Italiana. “Liberi di scegliere” nasce nel 2012 grazie al giudice Roberto Di Bella, già presidente del Tribunale dei Minorenni di Reggio Calabria e attualmente di Catania. Obiettivo principe del progetto è stato ed è quello di estirpare la criminalità dalla vita dei più giovani, soprattutto di quei giovani che, o per vicende familiari o di territorio, vivono a stretto contatto con gente che dell’onore e della dignità dell’uomo non conoscono nulla. Il giudice Di Bella riferisce, in un articolo apparso su Avvenire, nel marzo scorso, che “esiste il rischio non virtuale, che in particolari contesti e particolari famiglie, l’educazione si traduca in educazione criminale”.
Dall’esperienza campana e calabrese, in dieci anni, circa 150 minori sono stati allontanati da una prospettiva criminale per contagio familiare e alcune madri sono diventate collaboratrici di giustizia. “Liberi di scegliere” si prefigge di tranciare quel legame tossico che lega i padri criminali ai figli che, cresciuti in un certo ambiente, vivono la realtà, inquinata da ciò che il malaffare produce, compresa la ricchezza e un patrimonio che si accumula e che verrà trasmesso alle nuove generazioni. Solo in questo modo, solo perdendo quei legami, le mafie potranno cominciare a collassare davvero. Se ci pensiamo un po’ tutti, se pensiamo alla vicenda umana e professionale, ad esempio, di Peppino Impastato, che liberamente ha scelto di andare contro il sistema familiare in cui era cresciuto, possiamo arrivare alla conclusione che tanti Peppino Impastato potrebbero davvero mandare al macero quella “montagna di merda” che sono le mafie.
Le donne, le madri, le sorelle possono fare tantissimo se, grazie al sostegno delle istituzioni, possono sentirsi più sicure di urlare il loro NO. Anche in questo caso pensiamo al ruolo che Felicia Impastato ebbe sul figlio Peppino, quale coraggio, quale forza ebbe per ottenere giustizia, anche quando si trovò il mondo contro. Il protocollo sarà immediatamente operativo. “Il nostro obiettivo, insieme alla Commissione Antimafia – riferisce Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia – è quello di estendere il progetto a tutto il Paese. Salvare vite, combattere l’illegalità, educare i giovani è una missione che riguarda tutti”.
Libertà e scelta, due parole semplici ma che salvano. La libertà che feconda e abbellisce la terra ci porta ad una scelta di vita e non di morte, di legalità e di giustizia e non di sopraffazione, di luce e non di annebbiamento della ragione e del cuore. “C’è il momento in cui ogni scelta diventa irreversibile”, come scriveva Marguerite Yourcenar. Facciamo in modo che tutto ciò avvenga.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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