“I problemi della giustizia sono numerosi e risalenti nel tempo. Fra questi la lunghezza e la cattiva organizzazione del processo penale. La situazione si è aggravata da decenni, a partire dalla riforma del processo penale del 1989 che ha cumulato garanzie del vecchio e del nuovo sistema”. Sono le parole dell’ex magistrato Carmelo Asaro, oggi docente all’Università di Roma “La Sapienza”, che afferma ancora che il processo è diventato ingestibile e quasi immortale, il reato soggetto alla prescrizione, il “fatto del processo”, cioè il fatto che si dia vita ad un processo, invece di mezzo di accertamento della responsabilità diventa solo ed esclusivamente afflittivo nei confronti dell’imputato, di cui il più delle volte non si saprà mai se è colpevole o innocente. “Dunque – continua Asaro – snellire, snellire, snellire. L’esatto opposto di quello che propone Nordio aumentando le verifiche endoprocessuali e il numero dei giudici verificatori, così sottratti ai tribunali del giudizio”.
Ma che modifiche apporterebbe questa riforma che sembra strizzare l’occhio a chi, in questi anni, ha combattuto contro il potere giudiziario per ottenere impunità? Il DDL Nordio prevede limitazioni alle intercettazioni, l’abolizione dell’abuso d’ufficio (leggi qui), una drastica riduzione della portata del traffico di influenze illecite, la norma secondo la quale il pm non potrà più impugnare le sentenze di assoluzione (a meno che non si tratti di reati particolarmente gravi), limitazioni alle richieste di custodia cautelare in carcere (si dovrà pronunciare un giudice collegiale per accettare tale richiesta). Tra gli obiettivi del ministro anche la “rimodulazione” del concorso esterno in associazione mafiosa, poiché secondo Nordio e i suoi sostenitori (soprattutto di destra e in modo particolare di Forza Italia) viene considerato “una sorta di ossimoro giuridico: se si concorre non si è esterni, se si è esterni non si concorre”.
Sono proprio queste le parole utilizzate da Carlo Nordio. Ma cos’è il concorso esterno in associazione mafiosa? Si tratta di uno strumento utile alla magistratura che si occupa di mafie per colpire la cosiddetta “zona grigia”, ovvero quei pezzi di potere politico o economico che, pur non essendo direttamente affiliati alle varie organizzazioni, forniscono in modo consapevole e volontario il loro contributo concreto e specifico alla criminalità mafiosa. È quindi una fattispecie diversa dal favoreggiamento personale in una o più circostanze: si tratta di una condizione di contiguità rispetto all’organizzazione mafiosa. Ad esempio, Marcello Dell’Utri, a cui Silvio Berlusconi ha lasciato, mediante volontà testamentaria, 30 milioni di euro, nel 2014 è stato condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (ne ha scontati 4 in carcere e 1 ai domiciliari). Senza questo strumento, Dell’Utri, anche se la magistratura avesse accertato la sua mediazione tra cosa nostra e Berlusconi, non sarebbe stato condannato.
Questa proposta di Nordio, ovviamente, ha sollevato le proteste delle associazioni antimafia, di una parte della politica, delle famiglie delle vittime, della società civile. A fronte di tutto ciò, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, travolta dalle polemiche e per giorni rimasta silente, ha finalmente comunicato che il concorso esterno non si tocca, mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano (anch’egli ex magistrato come Nordio), ha cercato di fugare le preoccupazioni dei familiari delle vittime di mafia e delle associazioni attive in questo ambito, come Libera di don Luigi Ciotti, escludendo un intervento in tal senso: “Non è un tema in discussione”, ha riferito. Nordio, a fronte di questi stop, ha cominciato a frenare, affermando che la “rimodulazione” del concorso esterno in associazione mafiosa non era nel programma.
Nonostante questa marcia indietro tardiva, però rimane fermo sulle sue idee. La norma non sarà toccata, ma il ministro sulla questione non sembra cambiare parere. Cosa dobbiamo aspettarci ancora dal guardasigilli? Quali altre “perle” usciranno dal cilindro di questo governo? Non si comprende, evidentemente, che occorre una riforma della giustizia che acceleri i processi, che sia più vicina alle esigenze dei cittadini, del popolo italiano, a cui, spesso e a sproposito, si fa riferimento. L’abolizione dell’abuso d’ufficio, la limitazione alle intercettazioni o la “rimodulazione” del concorso esterno in associazione mafiosa in che modo renderebbero snella e giusta la giustizia? In che modo, questi provvedimenti, andrebbero a favore del semplice cittadino? Sembra, in realtà, una “guerra” tra il potere politico, finanziario ed economico e la magistratura (che viene considerata, soprattutto dalla destra, una nemica da combattere).
Questi provvedimenti mirano, essenzialmente, a difendere la categoria dei politici e di chi detiene il potere economico e finanziario. Rendere, in sostanza, non punibili, vari reati. Del resto, durante le lotte per l’occupazione delle terre, negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale, le destre appoggiarono i latifondisti, molti dei quali appartenenti o legati alle mafie. La storia si ripete, quindi. Ora, senza fare facili e sterili parallelismi con periodi storici diversi, è evidente che questa destra al governo quanto meno stia provando a “mettere a posto” quello che ha sempre criticato e/o disprezzato. Cerca di salvaguardare i propri interessi. La capogruppo di Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli, riferisce che il concorso esterno in associazione mafiosa “è un reato che esiste solo in Italia e che onestamente fa anche ridere”. In un Paese come il nostro, martoriato dalla collusione tra politica e mafia, questa senatrice ha pronunciato proprio queste frasi. Ci sarebbe da stupirsi, ma in Italia, in questa Italia, lo stupore è ormai materia difficile.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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