Alla GAM di Milano, dallo scorso settembre fino al 18 dicembre, è possibile visitare la prima mostra personale dell’artista femminista Andrea Bowers, intitolata “Moving in space without asking permission”, a cura di Bruna Roccasalva. La mostra fa parte del ciclo “Furla Series”, una rassegna di mostre tutte al femminile promossa da Fondazione Furla in collaborazione con le maggiori istituzioni culturali italiane. Il percorso inizia in simbiosi con la collezione permanente del museo, in cui attraverso le opere della collezione si può notare una prima evoluzione della rappresentazione della donna nell’arte: da pudica e sottomessa, a libera, sia nel corpo che nella società. La mostra della Bowers, che per la prima volta viene presentata in Italia, racconta un secolo di lotta per l’emancipazione femminile e la parità di genere.
Andrea Bowers è una artista e attivista americana la cui ricerca combina pratica estetica e impegno politico da una prospettiva femminista. Da circa trent’anni l’artista indaga questioni fondamentali come la parità di genere, i diritti della donna e dei lavoratori, l’immigrazione e l’ambientalismo, attraverso un approccio formale di forte impatto visivo e una sperimentazione linguistica che abbraccia un’ampia varietà di mezzi espressivi: dal disegno al video, dall’installazione al neon. La sua capacità di restituire argomenti complessi in un vocabolario accessibile e diretto è il perfetto esempio di come l’arte possa, attraverso il potere estetico dei suoi linguaggi, veicolare messaggi socialmente rilevanti.
La mostra “Moving in space without asking permission” fa parte di una più ampia riflessione sul femminismo che Bowers porta avanti da tempo, concentrandosi in particolare sulla relazione tra femminismo e autonomia corporea, con uno sguardo rivolto sia al presente sia alla storia del nostro Paese. Ogni progetto di Bowers parte da un approfondito lavoro di ricerca sul contesto in cui si trova a operare e dall’incontro con il suo tessuto sociale. In questo caso “Moving in space without asking permission” prende le mosse dal confronto dell’artista con alcune esperienze femministe italiane di oggi, in particolare con il lavoro della filosofa e attivista Alessandra Chiricosta, che studia e insegna l’esercizio delle arti marziali come strumento di auto consapevolezza corporea e di rottura rispetto agli stereotipi di genere. Il progetto nasce anche in risposta alle specificità del contesto della GAM: un museo la cui collezione rimanda al periodo storico tra Ottocento e Novecento, quando il movimento di emancipazione femminile in Italia muoveva i primi passi.
Il percorso espositivo si sviluppa nei cinque ambienti al piano terra della GAM, combinando lavori iconici e nuove ambiziose produzioni che testimoniano la grande versatilità linguistica dell’artista: dall’insegna al neon Another Kind of Strength (2022), che apre la mostra, al video documentario dedicato a una lezione di “autocoscienza combattente femminista”, tenuta da Alessandra Chiricosta all’interno di Villa Reale; dai dipinti su collage di cartoni riciclati, alle due nuove suggestive installazioni ambientali dei Political Ribbons e dei Feminist Fans.
“Moving in space without asking permission” ci restituisce la forza di una ricerca in cui attivismo politico e pratica artistica sono inestricabilmente interconnessi, e ci mostra come anche l’arte possa, attraverso la specificità dei suoi linguaggi, avere la capacità di stimolare una riflessione e accrescere la nostra consapevolezza sulle questioni più urgenti.
Sarah Campisi -ilmegafono.org
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