La presenza della mafia in Toscana è ormai una realtà “stabile e consolidata”: è questo l’allarme che, circa due settimane fa, era stato lanciato dal procuratore generale della Corte d’Appello, Marcello Viola, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nel corso del suo intervento, il magistrato aveva evidenziato come “l’attività delle mafie e delle altre organizzazioni criminali” fosse continuata “senza sosta nel territorio della Toscana, confermando l’esistenza di meccanismi di infiltrazione nel tessuto economico della regione”. Tali meccanismi, secondo Viola, si sarebbero sviluppati ad un livello tale da domandarci se “abbia ancora senso parlare di semplici infiltrazioni o debba invece ritenersi di essere di fronte a una presenza ormai strutturata, stabile e consolidata”.
Insomma, la situazione sembra tragica e la Toscana sembra aggiungersi all’elenco sempre più grande di regioni italiane in cui la mafia è presente in maniera capillare. “Suscitano preoccupazione e allarme i segnali sempre più frequenti di cointeressenze tra criminalità organizzata e alcuni settori del mondo dell’economia – aveva aggiunto il pg Viola – a volte con il coinvolgimento di imprenditori e di professionisti”. Inoltre, “una siffatta intesa genera a sua volta corruzione, per ottenere autorizzazioni ed evitare controlli, e, unitamente alle manifestazioni criminali dei colletti bianchi, innesca un circolo vizioso letale per l’economia pulita”.
Tale preoccupazione espressa dal procuratore generale è in effetti confermata da un dato sempre più preoccupante che vede protagoniste le attività imprenditoriali della regione: dal 2020 ad oggi, infatti, sarebbe addirittura triplicato il numero di aziende sotto interdittiva perché usate come vere e proprie “lavatrici” di soldi mafiosi. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dalla Dia, “la regione è un’area privilegiata per le attività di riciclaggio”, al punto da arrivare a toccare, nel 2020, ben 6.695 operazioni sospette. Il procedimento è sempre lo stesso: la criminalità organizzata cerca aziende in difficoltà (e in questi due anni dev’essere stato un gioco facile trovarle) e le usa per nascondere i soldi sporchi realizzati con attività illegali e criminose. L’obiettivo, quindi, non è tanto fare azienda, quanto quello di ripulire denaro sporco ed immetterlo nel mercato legale.
Una pratica ormai ben nota (potremmo definirla quasi un classico) che testimonia la capacità dei clan mafiosi di adattarsi al territorio. O meglio: di comandare a proprio piacimento in qualunque territorio. Ma come poter affrontare un tema tanto allarmante come quello della mafia in Toscana? Secondo il Procuratore Viola, “è necessario predisporre una valida strategia di contrasto, in grado di incidere sulle basi economiche del crimine organizzato, affrontando, cioè, ogni forma di inquinamento dell’economia prodotta dall’intreccio con l’iniziativa economica”. Va da sé che, in quest’ottica, “un ruolo fondamentale, in tale strategia dev’essere svolto dagli imprenditori”. Come riporta il quotidiano “La Nazione”, Elena Meini, consigliere regionale e presidente della Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose, invece, ritiene che sia necessario “osservare, analizzare, informare ed educare per riuscire a prevenire e contrastare la mafia nella sua nuova veste”. In poche parole, bisogna che la Toscana “faccia sistema come territorio, mettendo insieme tutte le forze e a disposizione: politica, associazionismo, scuole, imprese e forze dell’ordine”.
“Dalla commissione d’inchiesta – ha aggiunto la Meini – è emerso come ci siano in molte aree tentativi più o meno riusciti delle mafie di infiltrarsi nei nostri più importanti distretti produttivi”. Quel che preoccupa è che non si “tratta più di una mafia che si presenta con la pistola in mano, ma di persone estremamente preparate e attente, che utilizzano ogni spazio per poter far prevalere gli interessi dei clan a discapito dei territori”. Ecco perché per sconfiggere la mafia in Toscana, soprattutto questo nuovo tipo di mafia occorre “sostenere il nostro tessuto imprenditoriale che, specie in questo periodo di crisi” ha incontrato difficoltà importanti.
Insomma, appare evidente che la Toscana sia diventata a tutti gli effetti un territorio privilegiato per attività illegali e criminali come riciclaggio, reati economico-finanziari e, infine, corruzione. Il segnale definitivo che la mafia è una questione nazionale, non scaricabile solo su una parte del Paese. Per tale ragione, è importante che regioni storicamente più impreparate nei confronti di tale fenomeno non chiudano gli occhi, prendano coscienza e soprattutto vengano aiutate a combattere la dura battaglia contro i clan. La metamorfosi della mafia, che dalla pistola tende a passare sempre di più al “colletto” (di qualunque colore esso sia) è la dimostrazione che gli affari non hanno confini geografici né culturali. È un problema che riguarda tutto il Paese. Prima lo capiamo, prima sapremo risolverlo.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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