Gli Appennini mi appaiono come un interessante pezzo di mondo. Alla grande pianura padana fa seguito una catena di monti che si eleva dal basso verso sud a chiudere fra due mari la terraferma. Se queste montagne non si ergessero tanto alte e scoscese sopra il livello del mare, e non fossero tanto stranamente articolate da avere impedito nei tempi andati una maggiore e più costante azione delle maree, capace di formare pianure più ampie e più soggette ad alluvioni, questa sarebbe una terra stupenda, col più mite dei climi, un po’ più elevate del resto del Paese. Così, invece, è un singolare groviglio di dossi montuosi contrapposti gli uni agli altri; sovente non si riesce a distinguere in che direzione corrono le acque. Non si deve però immaginare un deserto di monti, ma una regione ben coltivata, anche se montagnosa. Qui cresce molto bene il castagno, il frumento è bellissimo e i seminati già verdeggianti. Lungo le strade si vedono querce sempreverdi dalle foglie piccole, mentre intorno alle chiese e alle cappelle sorgono snelli cipressi”. Così scriveva, il 22 ottobre 1786, J. W. Goethe nel suo “Viaggio in Italia”.

Un particolare tratto di Appennino è quello bolognese, che da Sasso Marconi, sede di Villa Griffone, la dimora in cui Guglielmo Marconi realizzò i suoi primi esperimenti, arriva a Porretta Terme, per raggiungere, proseguendo, Pistoia, in Toscana. Un percorso che tocca molte tappe, ricche di storia e suggestioni storiche, artistiche e paesaggistiche: dal Parco Storico di Monte Sole e i luoghi della strage di Marzabotto e della Resistenza al nazifascismo, alla Pieve di San Lorenzo di Panico; dalla Rocchetta Mattei, dimora del conte Cesare Mattei, ai laghi di Suviana; da Lizzano in Belvedere, luogo di nascita di Enzo Biagi, al Corno alle Scale con le sue piste sciistiche; dal borgo medievale La Scola a Porretta, con le sue terme e un festival del soul tra i più importanti d’Italia; fino ad arrivare a Grizzana Morandi, dove si trova la casa di villeggiatura del pittore Giorgio Morandi.

A fronte di tante risorse culturali, storiche e paesaggistiche, si riscontrano tanti problemi, tanti ritardi, tante occasioni mancate, tante frane e fragilità. A metà degli anni Sessanta, in pieno boom economico, questa parte del nostro Appennino conobbe un rapido sviluppo. Un’epoca che è durata fino agli anni ‘80-‘90, quando è cominciato un lento ma costante e inesorabile calo, sia economico, sia del flusso turistico. Molte realtà imprenditoriali entrarono in crisi, fino ad arrivare alla chiusura di molte imprese, dalle terme ad aziende importanti come la Saeco. A questo declino si è aggiunto, nel tempo, il pericolo frane: oltre 170 aree sono state dichiarate a rischio.

La Regione Emilia Romagna ha stanziato 185.000 euro per opere di manutenzione e consolidamento, regolazione delle acque e drenaggio in varie località, tra Grizzana, Gaggio Montano, Camugnano, Castiglione dei Pepoli e Riola di Vergato. Flusso di denaro insufficiente a colmare i disagi di chi vive in questi posti. A tutto ciò si è aggiunta la chiusura del ponte Leonardo Da Vinci di Sasso Marconi, che collegava la Valle del Reno con quella del Setta. Un ponte diventato pericolante con divieto di transito totale, segno di una stabilità sempre più fragile, che potrebbe portare a conseguenze molto gravi, anche in considerazione del fatto che sotto il ponte passano la linea ferroviaria Porretta-Bologna, un acquedotto e un metanodotto.

I primi cittadini delle zone interessate, sottolineano che “la mancata fruibilità della suddetta infrastruttura, nodale per l’accessibilità dell’Appennino Bolognese, si aggiunge alle diverse altre situazioni di disagio che insistono sui nostri territori, già messi duramente alla prova dalla crisi dovuta all’emergenza sanitaria. Solo per citarne alcune, la frana in località Gardeletta, che dal 2019 ha interrotto il tracciato della stessa SP 325, le periodiche chiusure del tratto di Panoramica dell’Autostrada, i continui ritardi sulla linea ferroviaria Porretta-Bologna e le future difficoltà derivanti dai lavori sulla linea Prato-Bologna”. “Noi siamo come una riserva indiana – spiega l’imprenditore Zaccanti –, non so fino a quando potremo reggere il confronto con gli altri paesi”.

Le difficoltà aumentano durante la stagione invernale, dove molte zone, rimangono completamente isolate, a causa dei disservizi ferroviari, difficoltà lungo il tragitto della SS64 Porrettana a causa di molti incidenti stradali (spesso mortali), il mezzo servizio del Pronto Soccorso di Vergato e il problema crescente dei medici di base insufficienti. Come si può favorire, a queste condizioni, il ripopolamento dell’Appennino, rispettando la storia e l’ambiente, ma assicurando a chi decide di viverci, servizi essenziali, sicurezza e velocità nel raggiungere la città di Bologna?

Il poeta e paesologo Franco Arminio si batte da anni per ripopolare zone nascoste, paesi, campagne: “I luoghi famosi perdono sangue, diventano pura scenografia. Se ancora volete trovare qualcosa da guardare, andate dove non va nessuno. Oggi è in corso un travaso misterioso tra la fama e l’anonimato: vale per le persone e i luoghi. La bellezza è di chi non sa di averla, non c’è scampo per chi commercia con la sua bellezza…Con questa pandemia abbiamo capito che i paesi possono essere una grande opportunità. Se l’Italia rigenera i suoi paesi, avrà un beneficio anche nelle città, che sono troppo congestionate”. Non si può non essere d’accordo, ma occorre intraprendere un percorso che assicuri e conforti chi decide di farlo, per fruire di questa bellezza nascosta. Se alla città congestionata non c’è altra scelta che rinchiudersi in una “riserva indiana”, abbiamo sbagliato i conti e fallito miseramente.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org