Le mascherine sono a tutti gli effetti gli oggetti, o meglio, i dispositivi di sicurezza anti Covid più diffusi e discussi dell’ultimo anno e mezzo, e probabilmente anche del futuro prossimo. Ci proteggono e sono necessarie, ma il dibattito sullo smaltimento una volta diventate rifiuto è sempre più acceso. Le mascherine finiscono spesso in discarica o nell’inceneritore, molte volte purtroppo vengono disperse nell’ambiente. Nel nostro Paese, invece, finiscono tra i rifiuti indifferenziati. Alcune aziende, però, hanno iniziato a studiare progetti di smaltimento delle mascherine chirurgiche, strade alternative che consentano un impatto ridotto sull’ambiente.
Fraunhofer Institute, in collaborazione con Sabic e Procter&Gamble, ha dimostrato la possibile realizzazione di un riciclaggio a ciclo chiuso, ossia la possibilità di trattare mascherine usate per estrarre materia prima seconda per fabbricarne di nuove. Il percorso è ancora in divenire, come spiega a Rinnovabili.it Peter Dziezok, direttore R&D della sezione Open Innovation di P&G: “La creazione di una vera soluzione circolare da una prospettiva sostenibile ed economicamente fattibile richiede dei partner. Pertanto, abbiamo collaborato con Fraunhofer CCPE, gli esperti di Fraunhofer UMSICHT e gli specialisti di SABIC per studiare potenziali soluzioni”.
Il primo passo potrebbe essere la creazione di contenitori speciali per la raccolta differenziata, il passaggio successivo sarebbe sottoporre i rifiuti a un processo di pirolisi: un processo di riciclaggio comune su dispositivo medico non avrebbe funzionato, data la necessità di igiene. Il dottor Alexander Hofmann, a capo del dipartimento Gestione del Riciclo presso Fraunhofer UMSICHT spiega: “Nella nostra soluzione, quindi, abbiamo prima triturato automaticamente le mascherine poi le abbiamo convertite termochimicamente in olio di pirolisi”.
Il processo di pirolisi rompe le fibre in polipropilene distruggendo anche eventuali fattori contaminanti. SABIC ha trasformato l’olio di pirolisi in materia prima per la produzione di nuova resina PP. Il progetto muove i suoi primissimi passi, ma i dati sono incoraggianti, occorre altro lavoro ma la produzione di plastica igienica e di grado medico con l’approccio a circuito chiuso può essere a portata di mano.
Redazione -ilmegafono.org
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