Un’ondata di forti piogge in diverse aree del governatorato di Duhok, nel Kurdistan iracheno, ha danneggiato oltre 400 strutture, tra case e tende dei rifugiati Yazidi, per via dell’accumulo di acqua che ha causato inondazioni improvvise. Le alluvioni hanno anche causato perdite finanziarie a dozzine di negozi nel mercato principale di Duhok. Secondo i primi rapporti, la forte pioggia ha provocato anche il crollo di quattro ponti che collegano la città di Duhok ad altri distretti e ha spazzato via circa 30 auto all’interno della città. La protezione civile è riuscita a portare in salvo 21 famiglie. Il governo del Kurdistan iracheno ha chiesto aiuti al governo centrale iracheno, che da tempo ormai nega ai curdi luce e acqua.
Intanto il primo ministro Masrour Barzani e il presidente Nechirvan Barzani hanno stanziato 2 milioni per aiutare la popolazione locale. Diyar Barwari, un legislatore curdo nel Consiglio dei rappresentanti del governo regionale del Kurdistan iracheno, ha affermato: “Il governo locale, purtroppo, non è in grado di fare fronte a tutta questa emergenza da solo. Abbiamo bisogno di aiuto”. “Hai idea di che cosa comporterà questo?”, ci raccontano i civili di Duhok. “Siamo in piena emergenza sanitaria per il Covid-19 e ora molte persone, a causa dell’inondazione, hanno perso la loro tenda o si ritrovano con case gravemente danneggiate. Alcuni sono costretti a vivere in più famiglie in una sola tenda”. La paura si fa spazio tra la popolazione yezida che non trova pace. La paura di nuove alluvioni per le quali la protezione civile ha lanciato l’allerta, la paura del virus che sta mettendo in ginocchio anche il nostro Stivale.
“State a casa, ci dicono. Abbiamo un ordine da rispettare o si rischiano gravi sanzioni. Noi ci proviamo a stare nelle nostre tende, ma poi ecco cosa succede, succede che anneghiamo nelle inondazioni. Abbiamo paura per la nostra vita sotto ogni aspetto”. In ginocchio di fronte a più minacce, questo è quello che sta accadendo a Duhok, dove la politica locale prova a fare la sua parte mentre il resto del mondo chiude gli occhi. Molti italiani però dietro una tastiera, sotto un tetto sicuro, sono quasi tutti pronti a giurare: “Siamo come quelle persone nelle zone di guerra”.
Noi, che non sappiamo cosa significhi avere i piedi bagnati dal fango notte e giorno perché le tende sono state inondate. Noi che non sappiamo cosa sia la paura che ti squarcia in due il cuore nel pieno della notte fino a svegliarti per il suono degli allarmi. Noi che non conosciamo il freddo delle tende, la polmonite che non bussa a una porta inesistente, il virus che piega società con sistemi sanitari precari e le minacce incombenti di luoghi che non hanno pace. Noi, che però siamo in grado di urlare alla guerra stando seduti sulle nostre calde e comode poltrone. Noi, che a volte non sappiamo guardare oltre la punta del nostro stesso Stivale, andando là dove la sofferenza fa un rumore assordante.
Rossella Assanti -ilmegafono.org
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