Per quanto sia importante il lavoro, la salute viene sempre prima di tutto. È quanto vuole mettere in luce Legambiente sulla questione di Arcelor Mittal che ha confermato al governo italiano di abbandonare l’Ilva di Taranto se non saranno accettate le sue condizioni. Questo metterebbe a rischio licenziamento 5 mila dei diecimila dipendenti dell’azienda. Ma se la questione politica si focalizza maggiormente su questo punto, l’associazione ambientalista invece punta alla salute dei lavoratori. In occasione della visita a Taranto del premier Giuseppe Conte, infatti, è stato consegnato un documento al riguardo. Tra i punti fondamentali sui quali centrare l’attenzione, primo fra tutti è la quantità di acciaio che si può produrre senza creare danni inaccettabili per la salute dei cittadini. Recenti studi hanno dichiarato un minore rischio sanitario per i tarantini, ma ancora inaccettabile, motivo per cui è necessario procedere a una valutazione sulle attuali e reali emissioni.
“Legambiente – si legge nel documento – ritiene che occorra stabilire, su basi scientifiche, sulla scorta di una valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario, se e quanto si può produrre nello stato attuale degli impianti e quanto si potrà produrre a Piano ambientale realizzato. Questa sarebbe la vera e unica immunità accettabile: nessuno che gestisca l’impianto correttamente potrebbe poi essere accusato di creare malattie e morti. Solo in questo ambito può essere meglio disciplinata la questione delle responsabilità nella conduzione degli impianti”.
Bisognerà, dunque, commisurare le capacità produttive autorizzate con gli esiti della VIIAS per accettarsi se effettivamente restano dei pericoli superiori agli standard sanitari. Se così fosse, innanzitutto dovranno essere subito ridotte le emissioni e allo stesso tempo trovare delle soluzioni adeguate per i dipendenti sia in termini di ammortizzatori sociali sia di alternative occupazionali. Sempre nello stesso documento, Legambiente si chiede come è possibile che a distanza di ormai 17 mesi dal bando, il Commissario alla bonifica di Taranto non abbia proceduto agli affidamenti per i primi interventi di bonifica del Mar Piccolo. In un territorio come questo, maltrattato da decenni da sversamenti di veleni, la bonifica è essenziale.
“Da anni, di volta in volta, si evoca o si invoca un piano B – conclude Legambiente -, ma oggi il primo problema è avere un piano A degno di questo nome, fondato su elementi certi e non sulle sabbie mobili, frutto di una strategia che tenga insieme modernizzazione, innovazione e diversificazione, idee e risorse, e concretamente coniughi lavoro, ambiente e salute”. L’obiettivo finale è quello di effettuare la bonifica del territorio e la sua conseguente valorizzazione. Ma anche di introdurre tecnologie innovative e impianti capaci di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti. Un modo per porre le basi per una produzione di acciaio totalmente “decarbonizzata”.
Veronica Nicotra -ilmegafono.org
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