La mafia è un problema globale. Un concetto spesso espresso da Giovanni Falcone già negli anni ‘80. Il magistrato palermitano, nel corso delle sue attività giudiziarie, esplicitò infatti più volte la necessità di una cooperazione internazionale tra i paesi del mondo per fare fronte comune contro le associazioni a delinquere. Così, per seguire il monito del celeberrimo giudice antimafia assassinato a Capaci nel 1992, 189 paesi dell’ONU nel 2000 sottoscrissero la “Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale”(CATOC), anche conosciuta come Convenzione di Palermo.
Il trattato prevedeva un testo iniziale che è stato successivamente arricchito con 3 protocolli. Il protocollo sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri umani, quello contro il traffico di migranti via terra, aria o mare, e quello contro la fabbricazione e il traffico illecito di armi da fuoco. Questi protocolli avrebbero dovuto mettere a disposizione risorse e competenze per l’attuazione di leggi nazionali che rispondessero ai parametri della Convenzione di Palermo, oltre a creare dei parametri giudiziari di riferimento e a favorire una cooperazione internazionale nelle attività di investigazione sulle associazioni a delinquere.
Purtroppo, fino ad ora l’operatività del trattato è rimasta potenziale, in quanto non c’erano degli strumenti di controllo sull’attuazione legislativa, giudiziaria ed investigativa, da parte degli Stati, delle norme e delle linee guida presenti nei vari protocolli e nel testo generale del trattato. Proprio a tale fine, negli ultimi giorni, in occasione nella nona Conferenza della CATOC tenutasi a Vienna, è stata approvata all’unanimità la Risoluzione della stessa con l’introduzione appunto di un efficiente sistema di controllo che permetterà, a distanza di 18 anni dalla firma del trattato, una sua piena attuazione.
La sorella di Giovanni Falcone, Maria, che ha anche partecipato attivamente all’elaborazione della risoluzione, non ha usato mezzi termini definendo questo momento come “la realizzazione del sogno di Giovanni di una piena cooperazione tra gli Stati nella lotta alla criminalità organizzata”. Oltre alla sorella dell’ex magistrato, hanno partecipato ai lavori di revisione effettuati a Vienna circa 800 tra esperti e rappresentanti dei vari paesi. Per l’Italia, presente tra gli altri anche il Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho.
Negli ultimi 20 anni, le mafie hanno sfruttato la globalizzazione per rendere più dinamica la loro collaborazione e per rendere meno rintracciabili i loro illeciti internazionali: risulta quindi necessaria, anche se apparentemente tardiva, la risposta che l’ONU e gli Stati membri stanno cercando di dare in questo ambito. La speranza è che questa Risoluzione sia uno strumento definitivo da utilizzare per potenziare e globalizzare la lotta al crimine organizzato.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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